domenica 21 marzo 2010

MIlano, città in divisa

di Alfred Breitman

Non mi piace Milano. L'amavo, qualche anno fa, per la sua vitalità, il suo ritmo senza soste, la sua creatività. L'amavo per le sue contraddizioni e i suoi slanci, per la sua anima trasformista, capace di guardare verso squarci di cielo, oltre la cappa di gas tossici, e - di tanto in tanto - spiccare il volo. L'amavo quando era popolata da personaggi liberi, meravigliosi e incredibili: il mago comico Mustafà, i mimi, le "tropes" di suonatori boliviani, i gruppi musicali Rom, con le magiche fisarmoniche e gli inimitabili violini. Gli artisti di strada, che si incontravano nelle vie del centro e che facevano di Milano "un gran Milan". Mi ricordo un giorno d'estate a metà degli anni 1980, quando passeggiavo con il poeta beat Gregory Corso ai piedi del Duomo e la piazza era animata da Romnì che leggevano la mano ai passanti e giovani Rom che suonavano fughe zigane così trascinanti che le guglie stesse della grande basilica sembravano possedute dallo spirito della danza. Gregory e io non resistemmo e ballammo insieme ai Rom, cantammo, recitammo poesie, ridemmo. Ma non solo noi, perché il "gran Milan" era pieno di voglia di ballare. Sono passati venticinque anni ed è triste, per me, camminare negli stessi posti e notare come la città sia diventata piccola. Piccola nello spirito. Misera nella fantasia. Immobile nella voglia di ballare, di fare capriole, di crescere. Ci sono uomini in divisa dappertutto, come nella Berlino del Fuhrer. Ieri pomeriggio avevo un presagio d'angoscia, mentre salivo sul treno, diretto a Milano. Dovevo incontrare alcuni responsabili di un programma Rai, con i quali sto collaborando alla realizzazione di uno speciale dedicato alla cultura Rom. Ci siamo incontrati al Savini, lo storico ristorante di galleria Vittorio Emanuele. Mi accompagnava un amico - difensore anche lui dei Diritti Umani - e una famiglia di artisti Rom romeni, che prenderanno parte al programma: papà, mamma e due giovani ragazze. Sulla metropolitana, verso la fermata Duomo, la gente guardava la famiglia con ostilità. Qualcuno sussurrava, storcendo la bocca: "zingari". Siamo scesi e ci siamo diretti verso il Savini. Ho visto sopraggiungere le persone con cui avevo appuntamento e ho mosso, insieme al mio amico, alcuni passi verso di loro. Pochi secondi e sentiamo gridare alle nostre spalle, tre metri dietro di noi, dove sono rimasti i nostri amici Rom. Due agenti stanno chiedendo loro i documenti. Uno di loro grida, mentre impartisce comandi alle ragazze, che tremano: "Che cosa fate qui? Mostratemi i documenti!". I genitori balbettano che hanno un appuntamento con noi, indicandoci. MI avvicino all'agente che urla e gli dico: "Non c'è bisogno di gridare. Non vede che le ragazzine sono spaventate? E poi... stiamo lavorando con la televisione e con tutto questo gridare, non facciamo bella figura". Il giovane in divisa comincia a inveire contro di me: "Ah, che cosa vuole dire? Che non sappiamo fare il nostro lavoro? Che vi facciamo fare brutta figura?". Il suo collega sogghigna: è una parte che ha già visto recitare al suo compagno chissà quante volte. "No. Dico solo che non serve gridare e che le ragazzine sono spaventate. Hanno già subito atti di razzismo, a Milano, e se le trattate con durezza, si prendono paura". "Allora vuol dire che siamo razzisti?" continua l'agente, avvicinando il suo viso al mio e fissandomi negli occhi con aria di sfida. "Secondo lei siamo violenti?". Non abbocco. E' da trent'anni che mi relaziono alle forze dell'ordine, durante le azioni umanitarie a difesa dei Diritti Umani. "No, mi riferisco a fatti accaduti nel passato, ma dovete capire che le ragazzine si spaventano se voi alzate la voce e non mi sembra che abbiano commesso un reato". A questo punto l'agente mi grida: "Ho ascoltato abbastanza. Lo sa che lei sta ostacolando un'operazione di pubblica sicurezza? Lo sa che posso arrestarla e portarla in questura in manette?". Il mio amico attivista interviene; insieme, mettiamo in atto una tecnica dialettica da noi già sperimentata con successo di fronte ad agenti di pubblica sicurezza particolarmente rabbiosi. Siamo operatori umanitari: si rendono conto che non ci comporteremmo da agnelli sacrificali, una volta in questura, ma reclameremmo riguardo al loro atteggiamento non certo canonico. Decidono di non rischiare. Ringhiano ancora qualcosa e si allontanano. L'appuntamento prosegue senza più interruzioni, salvo che i due agenti passano ancora più volte davanti al nostro tavolino, oltre la vetrata del ristorante e ogni volta guardano fisso verso di noi. Questa è l'aria che tira a Milano, oggi. Ed è per questo che non ci piace più, la metropoli del "cuore in mano" divenuta capitale di una delirante, inesistente Padania: senza fantasia, senza musica, senza emozione, senza nessuno che danzi o cerchi azzurri squarci nel cielo di piombo, prigioniera della paura. Una città in divisa.

domenica 14 marzo 2010

giovedì 11 marzo 2010

Consiglio comunale del 10/03/2010


Spettatori presenti: circa una decina (in pratica tutti i nostri candidati).


I verbali delle sedute precedenti (9 febbraio) sono stati approvati senza alcuna osservazione, anche se la registrazione non è stata puntuale.

Il secondo punto relativo all’adozione del piano di lottizzazione scheda d’ambito IP5, sub ambito A1 (Via Gavone) è stato ritirato di nuovo.

L’adozione dell’adeguamento del piano di classificazione acustica conseguente alle recenti varianti al P.R.G. è stato approvato all’unanimità.

Il quarto punto, cioè la costituzione del diritto di superficie per la realizzazione di impianto fotovoltaico a terra della potenza di 680,80 kwp, ha visto l’uscita del Sindaco dall’aula in quanto il terreno in questione è di proprietà di parenti della moglie.
La legge fa obbligo ai Consiglieri comunali di astenersi dal prendere parte direttamente o indirettamente alle deliberazioni riguardanti interessi propri, dei loro parenti o affini o del coniuge fino al quarto grado civile.
Su questo punto ci siamo astenuti anche perché non ci sono state date sufficienti spiegazioni sulla scelta del terreno e abbiamo alcune perplessità sul quadro economico di realizzazione dell’impianto.

Sul quinto punto, cioè la variante alle norme tecniche di attuazione del piano regolatore generale relativa alla realizzazione di superfici non residenziali (quali porticati e logge) ci siamo astenuti perché la motivazione di natura estetica (se logge e porticati concorrono alla cubatura nessuno le realizza) non ci sembra fondata.

Sulla modifica al regolamento comunale di polizia mortuaria sulla durata delle concessioni cimiteriali, abbiamo contestato la procedura perché nella 1^ Commissione consiliare è stata esaminata solo la modifica all’art. 81 che tratta dei loculi individuali ed era stata esclusa la modifica delle concessioni per le cappelle private. Poi, del tutto inaspettatamente, nella delibera è stata introdotta anche la modifica all’art. 82 che ha cambiato la durata delle concessioni anche per le cappelle private fissandola in 50 anni.
Nel corso della discussione abbiamo ottenuto che la concessione per le cappelle private venisse fissata in 75 anni.

Il settimo punto ha riguardato un atto di indirizzo in merito all’individuazione di un’area comune, tra Agugliano e Polverigi, da destinare a servizi, soprattutto scolastici.
Su questo punto abbiamo deciso di astenerci non perché siamo pregiudizialmente contrari a servizi comuni tra Agugliano e Polverigi, ma perché ci sembra che l’Amministrazione comunale per quanto riguarda le scuole abbia molta confusione in testa.
Infatti, abbiamo approvato una variante al P.R.G. proprio per individuare nella zona dell’ex Fornace una zona in cui realizzare un polo scolastico e adesso ne andiamo a individuare un’altra con Polverigi.
Nell’attesa di una decisione le scuole continuano a soffrire…
Eppure già un paio di anni fa la scuola materna era data per fatta!

L’ottavo punto è stata la discussione (se così si può dire, perché discussione da parte della maggioranza non c’è stata) della nostra mozione di contrarietà al Decreto legge n. 133 del Governo Berlusconi che intende privatizzare il bene comune acqua.
Tutta la maggioranza, tranne un Consigliere, ha votato contro senza motivazione.
Il voto contrario su un punto come questo può essere determinato solo da due possibilità: o il Comune di Agugliano è favorevole a cedere l’acqua alle multinazionali (quando accadrà, nel 2011, ci accorgeremo delle nuove tariffe!) o molto più semplicemente essendo un’Amministrazione di centro-destra non vota ordini del giorno contro il Governo Berlusconi!

Sul nono punto, cioè la comunicazione al Consiglio della delibera n. 161 del 17/12/2009 con cui la Giunta comunale ha utilizzato il fondo di riserva, abbiamo fatto rilevare l’ennesima violazione della legge e del regolamento di contabilità che fissa in sessanta giorni il termine per queste comunicazioni, ma evidentemente anche nel Comune di Agugliano le leggi possono essere “interpretate”…

L’ultimo punto relativo all’integrazione al programma delle collaborazioni per l’anno 2010 (approvato appena due mesi fa…) è stato ritirato.
Noi ci chiediamo, ma se devono ritirarli perché prima ce li mettono?

lunedì 8 marzo 2010

Questione d'interpretazione


di Alessandro Robecchi, da il Manifesto, 7 marzo 2010

Prima di applicare il settimo comandamento, leggete bene il decreto interpretativo. Serve un decreto interpretativo per gli appalti in Abruzzo, per le belle scopate di palazzo Grazioli, per lo schiavismo a Rosarno, per i senatori del PdL eletti dalla ‘ndrangheta.

Per il coro di Ratisbona e per i gay a tassametro del Vaticano. Per Maroni che dice “è stata data una interpretazione autentica della legge”, urge un decreto interpretativo che lo faccia sembrare una persona seria. Il decreto interpretativo che rende regolari i fuorigioco del Milan dovrà essere rapidissimo, mica si può restare allo stadio al freddo due giorni ad aspettare il Tar.

Con un buon decreto interpretativo la bella Noemi avrebbe avuto 18 anni già a sedici e mezzo. Formalmente ineccepibile il decreto interpretativo con cui Minzolini ha trasformato un colpevole prescritto in un innocente. Un decreto interpretativo potrebbe far sembrare un golpe una specie di trionfo della democrazia, o trasformare la corruzione in soluzione all’emergenza.

Il disprezzo della legge, l’arroganza del più forte, la dittatura soft, la censura e i non allineati ridotti al silenzio, non c’è nulla che non possa risolversi con un decreto interpretativo. Probabile che il ministro della difesa di una democrazia occidentale, che comanda parà e carri armati, che si dice “disposto a tutto” non venga allontanato con vergogna soltanto grazie a un decreto interpretativo.

Le nostre speranze, i nostri diritti, la nostra libertà, le nostre regole, le norme, i doveri, sono da oggi variabili, modificabili con decreto interpretativo, le nostre vite stesse sono interpretabili a seconda delle necessità del regime, il nostro futuro e la nostra dignità sono interpretabili a piacere e non servono nemmeno la forestale, i servizi segreti, l’aviazione, le camicie verdi, le ronde, il poliziotti del G8 di Genova.

Una grande festa del decreto interpretativo si terrà ogni anno, basta una telefonata di Denis Verdini. Buffet a cura del genero di Gianni Letta. Napolitano firma. Avete mica un passaporto francese da prestarmi?

mercoledì 3 marzo 2010

Aiutiamo i bambini cubani ammalati di cancro

Questi sono bambini cubani sorridenti e sani.
Il Sistema della Salute di Cuba li tutela in maniera eccellente. Tuttavia, ogni anno a Cuba circa 80 bambini si ammalano di un cancro renale o di un sarcoma.
Per trattare questi tumori, è necessaria una chemioterapia combinata di diversi medicinali, tutti prodotti a Cuba a eccezione dell’Actinomicina-D.
L’Actinomicina-D veniva importata dal Messico fino a quando la fabbrica, la sola a produrre questo farmaco, è stata acquistata da un’azienda nord-americana la quale, a causa del blocco USA, ha il divieto di venderla a Cuba.
Le conseguenze? Senza Actinomicina-D il trattamento medico è meno efficace e il successo di guarigione, che di solito è del 70-80%, crolla drasticamente.

www.italia-cuba.it - amicuba@tiscali.it - tel. 02-680862

Come oncologo non posso accettarlo.
So cosa significa non poter trattare per tempo un bambino a causa di un medicinale che non si trova.
È per questi motivi che mediCuba-Europa e l’Associazione Nazionale di Amicizia Italia-Cuba vogliono sostenere il progetto per l’invio di Actinomicina-D a Cuba.
Il trattamento per ogni bambino dura da 1 a 3 mesi, per 3 dosi mensili. Con 1000 dosi di Actinomicina-D potremo coprire il fabbisogno annuale!
Con 70 Euro garantirete il trattamento di un bambino per un mese.
Il vostro sostegno è importantissimo e ogni donazione è indispensabile.

Prof. Dr. Franco Cavalli - oncologo
Presidente dell’Unione Internazionale contro il Cancro (IUCC)


Ancora una volta constatiamo che la violenza ipocritamente non dichiarata del bloqueo ha come effetto stragi silenziose.
Impedire l’acquisto di un farmaco che può salvare ogni anno la vita di ottanta bambini, significa condannarli a morte.
Non c’è bisogno di sganciargli addosso bombe per essere assassini di innocenti.
Almeno questa volta basta un nostro gesto, un piccolo sforzo, per ridare ai piccoli ammalati cubani ciò a cui hanno dritto: la speranza nella guarigione e nella vita.
La cifra da raccogliere non è enorme. Enorme è il valore del gesto, enorme il valore della vita dei nostri piccoli amici cubani. Sosteniamo la campagna “Antitumorale per bambini cubani”!

Bianca Pitzorno - scrittrice

I contributi destinati a questa campagna possono essere versati:

- su c/c postale n. 37185592 intestato a Ass. Naz. Amicizia Italia-Cuba
IBAN IT59 R076 0101 6000 0003 7185 592
indicando nella causale “Erogazione liberale per campagna antitumorale per bambini cubani”

- su c/c bancario n. 109613 – Banca Etica, Milano - intestato a Ass. Naz. Amicizia Italia-Cuba
IBAN IT59 P050 1801 6000 0000 0109 613
indicando nella causale “Erogazione liberale per campagna antitumorale per bambini cubani”