sabato 28 settembre 2013

Consiglio comunale del 26/09/2013


Spettatori presenti: quattro



La maggioranza era presente con soli otto Consiglieri, quindi non è stata in grado di garantire il numero legale per lo svolgimento del Consiglio comunale il cui ordine del giorno prevedeva la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi e la verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio che è un adempimento obbligatorio. 
Solo il senso di responsabilità dei Consiglieri di minoranza ha garantito lo svolgimento del Consiglio comunale.

Non ci sono state comunicazioni del Sindaco e i verbali della seduta del 01 agosto 2013 sono stati approvati all'unanimità.

Il punto due ha riguardato la comunicazione al Consiglio comunale del prelievo sul fondo di riserva effettuato con delibera di Giunta municipale n. 120 del 13/08/2013.

Ci siamo astenuti sulla ratifica della delibera di Giunta municipale n. 128 del 05/09/2013 che riguardava una variazione di bilancio.
Da sottolineare l'aumento del capitolo relativo alle spese legali...

Il quarto punto riguardante la lettera di patronage non impegnativa a favore della Multiservizi S.p.A. per la modica del contratto di finanziamento del 24/03/2013 è stato ritirato per la seconda volta.

Sulla ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi e la verifica della salvaguardia degli equilibri di bilancio per l'esercizio finanziario 2013 (Art. 193 D.Lgs. n. 267/2000) ci siamo astenuti in quanto lo riteniamo un atto di gestione di cui la maggioranza deve assumersi la responsabilità e comunque non ha evidenziato particolari problematicità.

I punti numero 5 - Revoca della deliberazione consiliare n. 12 del 08/04/2013 "Recesso unilaterale dall'Unione dei Comuni bdi Agugliano, Camerata Picena, Offagna, Polverigi e Santa Maria Nuova" - e numero 6 - Approvazione del nuovo statuto dell'Unione dei Comuni di Agugliano, Camerata Picena e Polverigi (ancora non si capisce se è nuova o la forma ridotta della precedente) sono stati ritirati.
In particolare il punto 6 non ha avuto il necessario parere della Commissione consiliare e il testo, che non è stato ancora approvato ha già bisogno di alcune modifiche.

Sono stati approvati all'unanimità i punti numero 8 - Approvazione definitiva della variante non essenziale alla scheda d'ambito IP 11 (ex Fornace) - e numero 9 - Approvazione definitiva dell'individuazione zona di recupero ai sensi della legge n. 457/1978 nell'area di proprietà del Sig. Glorio Giuseppe e variante per la classificazione area di pertinenza ai sensi dell'art. 33 bis delle N.T.A. del P.R.G. - entrambi già esaminati dal Consiglio comunale in precedenti sedute.

L'ultimo punto, cioè la variante puntuale al P.R.G. in località Molino-La Chiusa è stato ritirato in quanto non è ancora pervenuto il parere della Provincia di Ancona.

giovedì 12 settembre 2013

La Cassazione "A Bolzaneto sospeso lo Stato di diritto"

Detenuti senza mangiare e bere e con il divieto di andare in bagno, picchiati e umiliati in continuazione, costretti a inneggiare al fascismo. 
Se non è tortura questa, come altro definirla? In Italia però non si può dire, solo perché nei nostri vocabolari penali la parola non è contemplata, e allora la Corte di Cassazione, nel motivare la sentenza di condanna di sette agenti di polizia per le violenze nella caserma di Bolzaneto dopo il G8 del 2001, ha dovuto prodigarsi in sinonimi e dettagli. 
A dirla tutta, la procura di Genova ci aveva provato a far contestare un reato di tortura che nel nostro ordinamento non esiste, anche per evitare alcune prescrizioni che sono puntualmente arrivate, ma i magistrati della Suprema Corte avevano bocciato la richiesta, in punta di diritto. Se il mancato riconoscimento del reato ha consentito di salvare le apparenze, permettendo a chi vuole di continuare ad affermare che in Italia la tortura non esiste, e ha sortito l’effetto materiale di rendere più lievi le pene per i colpevoli, cionondimeno la sostanza della sentenza è durissima: nella caserma di Bolzaneto, nei giorni immediatamente seguenti il G8 di Genova, nel luglio 2001, è stato «accantonato lo Stato di diritto», le vessazioni sono state «continue e diffuse in tutta la struttura» e non si possono derubricare a singoli ed estemporanei «momenti di violenza». La caserma di polizia genovese, in quei giorni, si trasformò in un «carcere provvisorio» in cui lo Stato di diritto fu neutralizzato da un «clima di soverchiante ostilità». Un’atmosfera non dissimile da quella che si era respirata in piazza e nelle strade di Genova nei giorni precedenti, e poi durante il blitz notturno nella scuola Diaz. È grazie a questo clima, secondo i magistrati della Suprema Corte, che divennero possibili comportamenti altrimenti inammissibili, come in un Garage Olimpo all'italiana: il divieto di andare in bagno che costrinse alcuni ragazzi a farsela addosso, la negazione del cibo e dell’acqua, le continue violenze fisiche e psicologiche («non c’erano celle dove non volassero calci e pugni e schiaffi»). E non si trattò di «momenti di violenza che si alternavano a periodi di tranquillità, ma dell’esatto contrario». 
Le motivazioni della sentenza sono prodighe di episodi di quel reato che non si può nominare: c’è ad esempio il caso di una ragazza condotta al bagno, costretta a mantenere il «capo chino all'altezza delle ginocchia» con la «torsione delle braccia dietro la schiena», mentre al suo passaggio «poliziotti ai lati» continuavano con «percosse e insulti». L’agente (donna) che accompagnava la detenuta non fece desistere i colleghi, ma invitò la ragazza a «stare attenta a non cadere quando un agente le aveva fatto lo sgambetto».
La Corte aveva confermato, in buona sostanza, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Genova il 5 marzo 2010, riducendo l’entità dei risarcimenti (cancellati o rinviati al giudizio civile). Dei 44 imputati al processo, erano stati condannati solo in sette: l’assistente capo della polizia Luigi Pigozzi (a 3 anni e due mesi), che aveva divaricato le dita della mano di un detenuto fino a strapparne la carne, gli agenti di polizia penitenziaria Marcello Mulas e Michele Colucci Sabia (a un anno), il medico Sonia Sciandra (che è stata assolta dal reato di minaccia e pertanto la pena le è stata diminuita), gli ispettori di polizia Matilde Arecco, Mario Turco e Paolo Ubaldi (a un anno, tutti e tre avevano rinunciato alla prescrizione). Erano state confermate anche le assoluzioni, quattro in totale, mentre tutti gli altri (33 in totale) erano stati sollevati dal giudizio in quanto i reati erano caduti in prescrizione. Ma i magistrati – questa è l’impressione – parlando di violenze «continue e diffuse» e del «completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto» hanno voluto in ogni caso rimarcare come le responsabilità non possano restringersi solo sui sette condannati e hanno puntato il dito anche sulla catena di comando: «Non è da dubitarsi – scrivono – che ciascuno dei comandanti dei sottogruppi, avendo preso conoscenza di quanto accadeva, fosse soggetto all'obbligo di impedire l’ulteriore protrarsi delle consumazioni dei reati». Cosa che nessuno fece, e infatti non accadde. Così come lo Stato non ha mai chiesto scusa alle vittime di una delle pagine più nere della storia italiana dal dopoguerra a oggi. A oggi, non risultano neppure sospensioni o rimozioni dagli incarichi degli agenti condannati. 

Fonte: Il Manifesto - Autore: Angelo Mastrandrea

domenica 1 settembre 2013

Consiglio comunale del 27/08/2013


Spettatori presenti: cinque/sei


Non ci sono state comunicazioni del Sindaco.
Nella Commissione per la nomina dei Giudici popolari è stato nominato, in rappresentanza della minoranza, il Consigliere Marco Fabbietti in sostituzione del Consigliere Dante Tamburo dimessosi diciannove mesi fa.
In sostanza è stato convocato un Consiglio apposito in agosto per un adempimento che poteva (e doveva) essere tranquillamente fatto in uno dei tanti Consigli che sono stati fatti in questi diciannove mesi!
Alla faccia della riduzione delle spese inutili!
Tralasciamo ogni commento sulle modalità della votazione che ha fatto partecipare al voto anche i Consiglieri di maggioranza che col loro voto avrebbero potuto determinare l’esito della votazione, cioè fare in modo che il rappresentante della minoranza fosse scelto dalla maggioranza.
Siano alla follia!