mercoledì 29 agosto 2007

Chiare, dolci e fresche acque

“L’acqua è fonte di vita. Senza acqua non c’è vita. L’acqua costituisce pertanto un bene comune dell’umanità, un bene irrinunciabile che appartiene a tutti. Il diritto all’acqua è un diritto inalienabile: dunque l’acqua non può essere proprietà di nessuno, bensì bene condiviso equamente da tutti.
Oggi sulla Terra più di un miliardo e trecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Si prevede che nel giro di pochi anni tale numero raggiunga i tre miliardi. Il principale responsabile di tutto ciò è il modello neoliberista che ha prodotto una enorme disuguaglianza nell’accesso all’acqua, generando oltretutto una sempre maggior scarsità di quest’ultima, a causa di modi di produzione distruttivi dell’ecosistema…
Dopo decenni di ubriacatura neoliberista, gli effetti della messa sul mercato dei servizi pubblici e dell’acqua dimostrano come solo una proprietà pubblica e un governo pubblico e partecipato dalle comunità locali possano garantire la tutela della risorsa, il diritto e l’accesso all’acqua per tutti e la sua conservazione per le generazioni future”.

Queste le prime frasi della relazione introduttiva alla proposta di legge di iniziativa popolare "Principi per la tutela, il governo e la gestione pubblica delle acque e disposizioni per la ripubblicizzazione del servizio idrico" che ha raccolto più di 406.000 firme che sono state consegnate al Presidente della Camera Fausto Bertinotti.
Intanto, in America Latina qualcosa si muove.
Un accordo triennale di cooperazione tecnica è stato sottoscritto da “La Aguas Bonaerenses” (Absa), azienda pubblica dell'acqua della provincia di Buenos Aires, e “Sedam”, azienda pubblica peruviana della provincia di Huancayo. Questo accordo rappresenta la risposta alle tante PPP (public-private partnership) finanziate dalla Banca mondiale e in voga anche nel nostro Paese. L'azienda argentina, che esce da una privatizzazione fallita negli anni Novanta (il "privato" era Azurix, una controllata di Enron), oggi è gestita da una cooperativa di lavoratori, la "5 de Septiembre" e mette il proprio know-how a disposizione della compagnia peruviana che serve circa 25 mila persone in 6 distretti della provincia di Huancayo dove l'acquedotto copre il 62% della popolazione, le fognature il 57%, mentre le perdite delle tubature arrivano al 50%, a causa della vecchiezza delle tubature. Il servizio di fornitura non è non è continuo - tra 6 e 18 ore al giorno - soprattutto a causa della mancanza delle infrastrutture necessarie a immagazzinare l'acqua.
L'obiettivo principale del progetto è quello di bloccare il piano per la privatizzazione di “Sedam”, una lotta portata avanti da anni da cittadini e lavoratori della provincia di Huancayo. La differenza fondamentale con la partnership tra pubblico e privato, sono i profitti. I guadagni, infatti, non vengono reinvestiti per migliorare la rete o migliorare la qualità del servizio. Per funzionare l'accordo ha la necessità di poter accedere ai finanziamenti, e questo si scontra con le famose "condizionalità" imposte dalla Banca mondiale e dalle altre istituzioni finanziarie internazionali, come la banche regionali per lo sviluppo (ossia l'invito a privatizzare). Intanto continua nel Sud delle Americhe la lotta contro le privatizzazioni: a Cordoba in Argentina, il 2 settembre è in programma una consultazione popolare, indetta dall'amministrazione comunale, sulla gestione del servizio idrico, oggi affidato alla francese Suez. La Commissione popolare per il recupero dell'acqua ha lanciato una campagna per invitare la popolazione a votare contro il prolungamento fino al 2027 della concessione del servizio idrico a Suez.

domenica 26 agosto 2007

Dimenticato!

Era nato nel 1948 a Città di Castello.
"Un uomo di pace" lo definivano i suoi figli nei giorni del sequestro, ma era anche un uomo che la voglia di raccontare aveva spinto nei punti più caldi del pianeta.
Aveva il dono della simpatia.
Chi l'ha conosciuto lo descrive come un idealista, un sognatore, una persona generosa, cordiale e altruista, carica d'umanità.
Prima che la passione del reportage lo coinvolgesse, era uno dei più creativi pubblicitari d'Italia.
Tra le sue campagne televisive più note si ricordano quella del rasoio per uomini sensibili, in grado anche di "fare la barba" a un palloncino senza farlo scoppiare e la rondine dell'acqua minerale San Benedetto.

E’ morto in Iraq il 26 agosto di tre anni fa. Non siamo ancora riusciti (o non abbiamo voluto) a riportare in patria le sue spoglie.
Dimenticato.

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venerdì 24 agosto 2007

Rendite: le tassiamo si o no?

Alcuni esponenti del governo hanno annunciato l'intenzione di innalzare al 20 per cento la tassazione sulle rendite finanziarie (azioni, titoli, dividendi, plusvalenze) attualmente al 12,5 per cento. Sarebbe un provvedimento in linea con i paesi europei (in Francia è al 16, in Germania al 25).
Questo provvedimento, se mai fosse attuato, avrebbe il duplice effetto di rispettare una promessa contenuta nel programma dell'Unione (ancora su “Chi l’ha visto?”) e di dare un po' di ossigeno agli interessi sui normali conti correnti bancari attualmente tassati al 27 per cento. Con l'allineamento al 20% si diminuirebbe infatti la tassazione sui risparmi dei depositi bancari che è ancora l'unica forma di risparmio di fatto disponibile per la stragrande maggioranza degli italiani.
“Non è più sostenibile che chi fa operazioni in borsa abbia una tassazione inferiore a quella di chi investe il proprio risparmio per attività economiche, produttive, per rafforzare l'economia, o di chi addirittura tiene fermi i propri risparmi in un conto corrente.
Poi, di fronte alla crisi delle borse e a queste bolle che assomigliano a delle speculazioni, dare un segnale, in controtendenza, che si vuole favorire l'economia reale rispetto a quella finanziaria, sembra una scelta giusta”. Queste alcune dichiarazioni di Paolo Cento dei Verdi.
Oltre a questo andrebbero studiate e applicate anche forme di tassazione sulla speculazione finanziaria. Non si comprende la ragione per cui sulla Tobin tax continui ad esserci un tabù nonostante sia una proposta che viene da un economista liberale.
Da più parti si suggerisce una «lettura» politica della proposta: una sorta di scambio fra l'accettazione da parte della sinistra dell'intesa sul welfare e la tassazione dei «capital gain» come contropartita.
Alfonso Gianni, e Gennaro Migliore del P.R.C. ma anche esponenti verdi e la capogruppo della Sinistra democratica alla Camera dicono che è assurdo. «Tassazione delle rendite e lotta alla precarietà sono tutte e due parti del programma. Non si possono scambiare due parti dello stesso sistema».
Sarà difficile anche stavolta. Ma stavolta il sindacato non sembra disposto a mediazioni. Paolo Nerozzi, Cgil dice: «Giustissimo tassare al venti per cento». Per Baretta, Cisl: «Ok tassare le rendite e riordinare il sistema fiscale». Anche l'Ugl, sindacato che ha una chiara matrice di destra, invita il governo a fare sul serio ciò che è stato proposto.

Sull'argomento, vi invito a leggere un interessante post di Cinghios

giovedì 23 agosto 2007

Amnesty e Bertone

Tra l'11 e il 18 di agosto, si è svolto in Messico il XXVIII Congresso internazionale di Amnesty International, al quale hanno partecipato oltre 400 delegati provenienti da oltre 70 paesi, di diversa età, cultura, religione.
Nel documento conclusivo è stato inserito il diritto di abortire per le donne che siano state stuprate, come "diritto umano fondamentale". La proposta è quella di depenalizzare la pratica abortiva, che in molti Paesi è reato, nei casi in cui la donna, spesso la ragazzina o l'adolescente, è oggetto di violenza e non di generalizzare la libertà d'aborto.
E’ dal 2004 che Amnesty International porta avanti la campagna internazionale "Mai più violenza sulle donne" per contrastare una delle violazioni dei diritti umani più diffusa a livello globale: gli abusi sulle donne nei diversi contesti in cui la violenza stessa si sviluppa, dai conflitti armati, nei quali lo stupro è ormai un'arma di guerra, alla violenza domestica, quella che tutti i giorni passa come fatto di cronaca nera sui nostri giornali.
Contro questa posizione si sono scagliate le alte gerarchie vaticane.
Il cardinale Tarcisio Bertone, parlando al meeting di Rimini, ha sparato a zero su Amnesty International per questa scelta.
«Bisogna salvare la vita anche se è frutto di violenza», «Non si può aggiungere a omicidi altri omicidi, l'uccisione di altre persone. Anche se sono persone in fieri, sono persone, soggetti umani» ha detto Bertone.
Per il cardinal Bertone il "diritto alla vita" è così assoluto che non fa nessuna differenza se esso nasce da un atto d'amore o da una violenza efferata, da una volontà o da uno stato di totale coercizione.
Una condanna senza possibilità di appello alla posizione di Amnesty.
Un fondamentalismo che ignora la pietà per le persone e la loro dignità.

domenica 19 agosto 2007

E' arrivato Tobia!













Ieri sera è arrivato a casa nostra Tobia, l'ennesimo trovatello.
Io e mia figlia Sara ci stiamo, infatti, specializzando in salvataggio di gattini abbandonati. Sono circa 20 i mici ai quali abbiamo trovato una casa e un affetto.
Non riusciamo a restare insensibili davanti alla cattiveria di quegli esseri "umani" che abbandonano questi batuffoli destinandoli a morte certa.
A Tobia abbiamo aperto casa nostra sperando che Fidel, il nostro gatto nero, dopo un periodo di adattamento possa accettarlo.
Adesso dovrò modificare il mio profilo dato che la famiglia ha acquisito un nuovo componente.

giovedì 16 agosto 2007

Farmaci made in India

La multinazionale svizzera Novartis ha perso.
La Novartis aveva trascinato in giudizio il Governo Indiano per far dichiarare illegittima la normativa che consente alle industrie indiane di produrre a basso costo equivalenti generici e di qualità dei farmaci essenziali e salva-vita, finanziariamente accessibili per i Paesi in via di sviluppo.
Fino al 2005 l'India non riconosceva brevetti sui farmaci; a partire dal 2005 l'Organizzazione mondiale del commercio ha richiesto ai Paesi in via di sviluppo di rispettare le nuove norme sui brevetti; l'India ha allora approvato una legge che prevede alcune misure di salvaguardia, come quella secondo cui i brevetti sono concessi solo sui farmaci realmente innovativi e non a quelli che aggiungono piccole modifiche di facciata ai principi attivi già in commercio, tecnica usata per «allungare» artificiosamente la vita dei brevetti, tenere alti i prezzi e i guadagni.
Questo significa che le compagnie che vogliono brevettare banali semplici miglioramenti a un principio attivo già in commercio, al fine di estendere ulteriormente il loro monopolio sui farmaci esistenti, non potranno farlo in India.
Il ricorso della Novartis, pur riguardando nello specifico solo l'antitumorale “Glivec” aveva l’obiettivo di scardinare questa legge sui brevetti.
Se la Novartis avesse vinto, anche in India i brevetti sui farmaci sarebbero stati concessi con più facilità e la concorrenza dei medicinali generici si sarebbe ristretta portando a un nuovo aumento dei prezzi di terapie salva-vita come quelle contro l'Hiv.
I farmaci generici "made in India" sono cruciali per il trattamenti di malattie mortali nei paesi più poveri; infatti, i Governi dei paesi in via di sviluppo e le agenzie umanitarie come Unicef o la Fondazione Clinton dipendono largamente dall'India per l'importazione di farmaci di qualità finanziariamente accessibili. L'84% dei farmaci che Medici senza Frontiere prescrive in tutto il mondo vengono dall'India che così potrà continuare ad essere la «farmacia» dei paesi poveri.
Oltre 400 mila persone nel mondo avevano sottoscritto la petizione per convincere la Novartis a ritirare la causa; in Italia Beppe Grillo, Dario Fo e Walter Veltroni.
Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri, pur sostenendo che «senza brevetti non si fa innovazione», auspica «un compromesso» tra multinazionali e paesi in via di sviluppo. Questi ultimi devono poter produrre farmaci generici a basso costo, a patto che non li esportino, «magari in Occidente».
Esultano le organizzazioni umanitarie che si battono per l'accesso ai farmaci dei paesi poveri.

domenica 12 agosto 2007

L'eccidio di S. Anna di Stazzema

LO AVRAI
CAMERATA KESSELRING
IL MONUMENTO CHE PRETENDI DA NOI ITALIANI
MA CON CHE PIETRA SI COSTRUIRÀ
A DECIDERLO TOCCA A NOI
NON COI SASSI AFFUMICATI
DEI BORGHI INERMI STRAZIATI DAL TUO STERMINIO
NON COLLA TERRA DEI CIMITERI
DOVE I NOSTRI COMPAGNI GIOVINETTI
RIPOSANO IN SERENITÀ
NON COLLA NEVE INVIOLATA DELLE MONTAGNE
CHE PER DUE INVERNI TI SFIDARONO
NON COLLA PRIMAVERA DI QUESTE VALLI
CHE TI VIDE FUGGIRE
MA SOLTANTO COL SILENZIO DEI TORTURATI
PIÚ DURO D'OGNI MACIGNO
SOLTANTO CON LA ROCCIA DI QUESTO PATTO
GIURATO FRA UOMINI LIBERI
CHE VOLONTARI S'ADUNARONO
PER DIGNITÀ NON PER ODIO
DECISI A RISCATTARE
LA VERGOGNA E IL TERRORE DEL MONDO
SU QUESTE STRADE SE VORRAI TORNARE
AI NOSTRI POSTI CI TROVERAI
MORTI E VIVI COLLO STESSO IMPEGNO
POPOLO SERRATO INTORNO AL MONUMENTO
CHE SI CHIAMA
ORA E SEMPRE
RESISTENZA
(Piero Calamandrei)

Il 12 agosto 1944, a Sant’Anna di Stazzema, paesino di montagna poco distante da Lucca, la XVI Divisione delle SS naziste (guidate sin là da camicie nere italiane) compì uno dei più spietati eccidi che l’Italia della Seconda Guerra Mondiale ricordi. Nel paese erano rimasti in gran parte solo vecchi, donne e bambini in quanto gli uomini si erano rifugiati nella valle convinti che si trattasse della solita retata. Testimone della tragedia fu, tra gli altri, l'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff, che l'ha raccontato nel suo libro "Perfidi giudei, fratelli maggiori".
Alla fine le vittime di questa strage furono 560. I tedeschi buttarono le bombe e poi diedero fuoco alle case. Tra i massacratori c'erano anche degli italiani.

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Morti di lavoro

Il deputato no global Caruso è ancora al centro delle polemiche per le sue dichiarazioni in cui aveva definito Biagi e Treu assassini per i morti sul lavoro.
Personalmente ritengo le sue dichiarazioni sbagliate, ma in questo momento il mio giudizio non riguarda il merito che, per essere valutato correttamente, avrebbe bisogno di maggiore definizione (il contesto, l'esatto contenuto, ecc.).
Giudico il risultato, ritenendolo assolutamente negativo.

Un politico dovrebbe aver sempre presenti le conseguenze che le sue azioni comportano. In questo caso qual'è il risultato raggiunto da Caruso?
Che oggi le leggi Treu e Biagi sembrano un po' meno cattive, perchè adesso il cattivo è lui. Non mi sembra un grande successo!

Invece di fare certe dichiarazioni, avrebbe potuto lavorare di più in Parlamento, magari anche votando contro alcuni degli ultimi provvedimenti, motivando la sua contrarietà con interventi ben argomentati.
In ogni caso, su "Il Manifesto" di ieri ho letto un pezzo che mi è piaciuto e che riporto integralmente, comunque la pensiate. Scusate se è lungo.

Morti di lavoro, chiedo scusa ma vi spiego
Nicola da dieci anni ha ininterrottamente denunciato gli abusi e i saccheggi perpetrati dalla fondazione religiosa che gestiva l'istituto Papa Giovanni XIII, un vero e proprio manicomio al quale dopo la legge Basaglia hanno semplicemente attaccato all'esterno il cartello Centro di Riabilitazione Psichica. Il milione di euro mensili di denaro pubblico che la fondazione intascava da Regione e Servizio sanitario nazionale finiva in attici superlussuosi, moto di grossa cilindrata, gioielli e alberghi a cinque stelle: la bella vita di monsignor Luberto, a cui tutti i politici locali si prostravano in occasione di ogni tornata elettorale. Nel frattempo i lavoratori accumulavano 40 mensilità di arretrati, finendo dritti dritti nelle mani degli usurai legali - le banche - o illegali. E i malati di mente (o meglio, i malati di niente)? Accartocciati e abbandonati su materassi luridi, in stanze con porte e vetri sfasciati da anni, in corridoi nei quali la puzza di urina a volte è asfissiante. Mesi e mesi di denunce, di ispezioni e interrogazioni parlamentari, ma alla fine lo scandalo vien fuori e per mons. Luberto e i suoi soci in affari scattano le manette. Ora però sia i 320 malati di niente che i lavoratori rischiano di finire in mezzo ad una strada. Sono immerso in questo disastro umano quando squilla il cellulare, è Franco, un vecchio compagno di Napoli che si vuole sfogare: hanno ucciso Angelo, è morto volando da un'impalcatura, maledetti padroni, per risparmiare nemmeno le braghe gli hanno voluto dare, ma che cavolo fate lì in parlamento? Cerco di rassicurarlo, solo pochi giorni fa abbiamo approvato in via definitiva la legge sulla sicurezza sul lavoro di cui il compagno Augusto Rocchi è stato relatore. Ma non vuol sentire chiacchiere, «di chiacchiere ne abbiamo sentite tante in questi anni, ora ci vogliono i fatti». Ma più fatti di così? Non so proprio cosa fare, e la rabbia si infittisce, con le orecchie protese agli sfoghi del buon Franco e gli occhi fissi sui disastri del Papa Giovanni. E in mezzo a questi disastri mi vien fuori una parola, secca e devastante: assassini, diretta ai responsabili di questo e quel disastro, ma null'altro che uno sfogo incontrollato.
Ma chi sono gli assassini? Mons. Luberto? non proprio. Gli imprenditori senza scrupoli che per ingrossare i loro profitti tagliano su salari, condizioni e sicurezza sul lavoro? Forse. Di certo non c'entrano Tiziano Treu e Marco Biagi, non foss'altro per il semplice e incontestabile dato che sia il cosiddetto pacchetto Treu che la legge 30 non esistono certo per responsabilità di chi ha tecnicamente contribuito a scriverle quanto piuttosto per la volontà di un'intera classe politica e degli interessi forti che la sorreggono. Allo sfogo incontrollato segue il delirio, il delirio di una criminalizzazione che assimila il diritto di critica all'uccisione di Marco Biagi. Non voglio che persone che hanno subito tragici dolori in qualche modo possano sentirsi offese dalle mie parole, ancorché fraintese. Se ciò fosse accaduto non c'è bisogno di qualcuno che formuli scuse al posto mio, ma lo posso fare e lo faccio anche da solo.
Resta però il fatto che di fronte all'impressionante numero di morti sul lavoro è necessario individuare delle responsabilità politiche, altrimenti ci prendiamo in giro e possiamo anche dire che l'infinita strage di morti bianche è solo frutto del caso o della sfortuna che casualmente si accanisce contro la classe lavoratrice. Non vorrei che tanto scandalo da parte dei professionisti della politica serva anche ad autoassolversi dalla responsabilità di aver acceso il semaforo verde a politiche liberiste i cui effetti sono disastrosi e talvolta mortali e che quindi il facile e sempre più diffuso «tiro al caruso» sia legato alla necessità di occultare l'aspetto di fondo, drammatico e inquietante, della vicenda: che l'incredibile e tragico bilancio dei morti sul lavoro non è solo una questione di mancati controlli, ma anche conseguenza di queste leggi che rendono il lavoro sempre più precario e pericoloso, norme che producono rapporti di lavoro deregolamentati e non garantiti, annullando in tal modo la possibilità di resistere, di denunciare, di rifiutarsi e sottrarsi a condizioni lavorative insalubri o insicure.
Piero lavora 8 ore al giorno all'alfa di Pomigliano a pulire i filtri, entra in fabbrica con la faccia bianca ed esce a fine turno come un bingo-bongo, per dirla alla Calderoli: ma il viso a casa può lavarselo, i polmoni un po' meno. Non vuol morire a 50 anni come i suoi colleghi che l'hanno preceduto in quel lavoro di merda, per questo ha chiesto una mascherina e qualcos'altro, per lui e i suoi compagni di lavoro. Dopo due settimane, allo scadere del contratto, guarda caso non gliel'hanno rinnovato. Ciò detto, mi sembra quasi banale ribadire una cosa che non è patrimonio o elaborazione personale ma frutto di una convinzione diffusa nei partiti (di sinistra), nei movimenti, nella società civile, nei, si diceva una volta, sinceri democratici: che la precarietà e la flessibilità nei rapporti di lavoro sono giunti a livelli tali da trasformare il lavoratore in un moderno schiavo. Parlo delle misure introdotte con il famoso pacchetto Treu, (che introdusse le agenzie il lavoro interinale) e giunte al loro apice con la cosiddetta legge Biagi (che ha introdotto il lavoro a chiamata). C'è un rapporto tra questa progressiva riduzione del sistema dei diritti e delle garanzie del lavoro e l'impressionante numero di incidenti (circa un milione) e di morti (circa 1.300 l'anno) che avvengono sui luoghi di lavoro? Dispone un lavoratore atipico, a tempo, a chiamata, a partita iva, sommerso, in concreto degli stessi diritti (e dello stesso salario) di un lavoratore contrattualizzato e a tempo indeterminato?
E' evidente che se un lavoratore non difende se stesso perché vittima di precarietà e ricatti non saranno sufficienti i pur necessari ispettori del lavoro. I lavoratori devono, per poter difendere i propri diritti sindacali, avere la possibilità di non dovere abbassare la testa di fronte al padrone. Abrogare questa legislazione sulla precarietà (a cominciare dalla legge Biagi) e ridare dignità e diritti alle lavoratrici e ai lavoratori precari è uno dei punti del programma di centrosinistra (certo con molti, troppi, tentennamenti), e, di certo, una pietra angolare dell'azione politica del Prc. Lavorare perché ciò avvenga è un mio preciso dovere etico, prima ancora che politico.
Molti esponenti politici si indignano perché sostengono che volere abrogare la legge Biagi è come dare ragione a chi l'ha ucciso. Questi politici - che non hanno argomenti per giustificare come si possa vivere con 700 euro al mese, con contratti a progetto - sono gli stessi che a Biagi non hanno concesso la scorta e che una volta morto lo hanno ampiamente strumentalizzato come «scudo umano» per difendere la loro riforma del mercato del lavoro da qualsiasi genere di critica e opposizione. Mi dicono che per far politica ci vuole anche una buona dosa di ipocrisia e questa purtroppo è una dote che mi manca, la stessa dote che forse in qualcun altro abbonda. L'allora ministro degli interni Claudio Scajola, che pubblicamente ne tesseva le lodi, in una conversazione privata lo definì «un rompi...». Sull'onda delle proteste si dimise, per poi tornare, nell'indifferenza generale, nuovamente ministro, ma di una altro dicastero.
Ma ciò che mi preoccupa non è l'ipocrisia del centrodestra, ma la paura del centrosinistra nell'affrontare il tema delle morti bianche e della sicurezza sul lavoro. La sicurezza non può prescindere dalla forma di contratto che hai, dalla dignità che il rapporto di lavoro ti consente di rivendicare. Per questo, a sinistra innanzitutto, non basta commuoversi per i morti sul lavoro. Bisognerebbe forse semplicemente ricordarsi che l'uomo non è una merce e che il mondo non può essere ridotto a mercato. E forse finalmente bisognerebbe cominciare ad abrogare la legge 30, proprio per rispetto ai morti che ci sono stati, proprio perché di morti non ne vogliamo più.

sabato 11 agosto 2007

L'assalto delle meduse

Ieri sera il TG1, nella categoria notizie sugli animali (che in estate stranamente è una delle più trasmesse) ha dato l’annuncio di una vera e propria invasione di meduse.
Tali graziosi (fino a quando non li tocchi) animaletti non disdegnano le nostre coste (Emilia Romagna, Liguria, Sicilia, ecc.), ma sembra che in Spagna il fenomeno sia veramente allarmante. Ne hanno contate (non chiedetemi come abbiano fatto) circa 60 milioni e in un solo giorno ne hanno pescate ben 8 milioni.
L'invasione non ha nulla di misterioso: le meduse arrivano nei nostri mari semplicemente perché richiamate dalle alte temperature. Da noi trovano il clima ideale per riprodursi a causa degli squilibri dell'ambiente marino dettati da inquinamento e innalzamento delle temperature.
"Da Lampedusa alla Francia - spiega il Commissario dell'Icram, Silvio Greco - sono ovunque. E' un segnale di stress del mare".
Alessandro Lucchetti (che è un aguglianese) è un biologo marino del Cnr di Ancona e giudica, ovviamente, anormale il fenomeno.
Riporto alcune sue considerazioni.
"Fino a qualche anno fa queste proliferazioni erano considerate fenomeni ciclici, che si verificavano circa ogni 12 anni. C'erano infatti nel 1992, e quindi nel 2003. Da allora si sono ripresentate ogni anno, in particolare nel 2005, quando in Spagna, lungo la costa catalana, ci sono state 130 persone colpite. Le meduse sono organismi planctonici e si muovono con le correnti laddove trovano cibo, dai più banali organismi dello zooplancton a piccoli cefalopodi. Non appena ci sarà un rimescolamento delle acque il fenomeno andrà a scomparire".
Oltre al riscaldamento delle acque, secondo Alessandro Lucchetti le cause dell'invasione sono anche altre, come l'aumento di salinizzazione delle acque costiere a causa del minore apporto di acque dolci di fiume e il fattore pesca, che provoca la cattura di animali che si nutrono di meduse, come tonno o pesce spada.
Intanto, pescatori giapponesi si sono riuniti a Tokyo per trovare espedienti utili nella lotta contro l'ancora misterioso fenomeno dell'invasione di meduse giganti, fino a due metri di lunghezza e dal peso di oltre due quintali, nelle acque del Mar del Giappone, tra l'arcipelago e la penisola coreana.

E noi cosa stiamo facendo per i mutamenti climatici?

giovedì 9 agosto 2007

Caro petrolio

In Italia il costo dei carburanti e dei combustibili continua a crescere a una velocità e con un gap doppi rispetto al resto d'Europa.
Ogni volta che c'è un esodo, non solo per le ferie, ma anche per Pasqua o nei fine settimana, ci si ritrova con i prezzi alle stelle.
Il Ministro Bersani si è accorto che i nostri prezzi sono tra i più elevati d'Europa e ha convocato i petrolieri per capire il perché (!?!).
Gli italiani pagano 4-5 centesimi in più al litro sulla media europea. I petrolieri dicono che i prezzi salgono perché il petrolio è più caro, ma quando il greggio scende, il costo alla pompa non cambia. Come mai?
Semplice: speculazione e mercato marciano a doppia velocità: immediata quando cresce il prezzo del greggio, molto lenta quando cala.
Inoltre, bisognerebbe considerare che l'euro che si è rivalutato sul dollaro e il petrolio, come tutte le materie prime, si compera in dollari. Quando l'euro si rivaluta è come se il petrolio diminuisse, ma questo, stranamente, non produce nulla sul prezzo finale. Rispetto all'anno scorso l'euro si è rivalutato dell'8%, dunque il petrolio dovrebbe costare l'8% in meno. Se il prezzo è di 72-73 dollari al barile con l'8% in meno è come se costasse 66-67 dollari.
Dato che non sembrano esserci spiegazioni logiche a questi fenomeni, l'Antitrust dovrebbe verificare se i petrolieri si muovono come un cartello e in caso affermativo comminare multe salatissime.
Infine, c’è da tener presente che lo Stato è proprietario della maggioranza relativa del pacchetto azionario dell'Eni, che a sua volta ha la maggioranza relativa del mercato, quindi calmierare i prezzi non dovrebbe poi essere impossibile. Quindi, il Ministro Bersani che aspetta?
Intanto alcune cose potrebbero essere praticabili: chiedere che si paghi il petrolio in euro e non in dollari, eliminare i gadget che incidono per vari centesimi al litro, effettuare
boicottaggi mirati: un mese una compagnia, il mese dopo un'altra.

lunedì 6 agosto 2007

Quando sulla terra scese l'inferno

"Dio cosa abbiamo fatto!”
Queste le parole del puntatore americano che alle 8,15 del 6 agosto 1945 premette il pulsante dello sgancio su Hiroshima della prima bomba atomica, denominata “Little Boy” con i con i suoi 60 kg di uranio-235 .
L'esplosione si verificò a circa 600 metri dal suolo, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni di TNT, uccidendo sul colpo tra le 70.000 e le 80.000 persone. Circa il 90% degli edifici venne completamente raso al suolo o irrimediabilmente danneggiato.
Alle 11,02 del 9 agosto 1945 "Flat Man”, che conteneva circa 6,4 kg di plutonio-239, venne sganciata sulla zona industriale di Nagasaki.
La bomba esplose a 469 metri d'altezza a quasi 4 km a nord-ovest dell'epicentro previsto. Questo "sbaglio" salvò gran parte della città, protetta dalle colline circostanti, dato che la bomba cadde nella Valle di Urakami. Circa 40.000 dei 240.000 residenti a Nagasaki vennero uccisi all'istante e oltre 25.000-60.000 rimasero feriti.

Era l’inferno divenuto realtà.

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domenica 5 agosto 2007

A Sinistra

Pubblico il comunicato stampa con cui è stata ufficializzata la costituzione, nel Consiglio comunale di Agugliano, di un gruppo consiliare unitario che raccoglie tutte le componenti poste alla sinistra del costituente Partito Democratico.

Venerdì 3 agosto è stata comunicata ufficialmente la costituzione, in seno al Consiglio comunale di Agugliano, del Gruppo denominato “A Sinistra” che raccoglie i Consiglieri del Partito della Rifondazione Comunista, della Sinistra Democratica (ex Ds) e del Partito Comunista dei Lavoratori.
Il Gruppo, formato dai Consiglieri Franca Bassani, Claudio Rossetti e Fabrizia Zanoni Mangiolini, nasce sulla base di una visione politica comune e si propone come un nuovo soggetto politico all’interno del Consiglio comunale per rafforzare gli obiettivi di lavoro comuni.
Resta ovviamente inteso che il nuovo Gruppo Consiliare opererà in un quadro di collaborazione con l’altro Gruppo di Centro Sinistra presente nel Consiglio comunale.
Coordinatore Capogruppo di “A Sinistra” è stato designato il Consigliere Franca Bassani.
I valori identitari delle varie componenti saranno messi a disposizione di tutte/i coloro che vogliono fare parte del processo di unità d’azione a sinistra, contribuendo così alla costruzione di una rinnovata cultura amministrativa all’altezza dei tempi conferendo il massimo di efficacia alla sinistra di alternativa.

sabato 4 agosto 2007

Italicus 4 agosto 1974

Ancora una volta mi trovo a scrive alcune righe per tramandare la memoria di un passato che non deve essere dimenticato.
Ancora una volta mi trovo a ricordare vittime innocenti fatte a pezzi dalla follia dell’uomo contro l’uomo e ancora una volta le parole faticano ad uscire.

Ancora una volta per non dimenticare…

giovedì 2 agosto 2007

Bologna 2 agosto 1980

Non farò altro che pubblicare una pagina del sito dei familiari delle vittime, al quale vi rimando.

Il 2 agosto 1980, alle ore 10,25, una bomba esplose nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna.
Lo scoppio fu violentissimo, provocò il crollo delle strutture sovrastanti le sale d'aspetto di prima e seconda classe dove si trovavano gli uffici dell'azienda di ristorazione Cigar e di circa 30 metri di pensilina. L'esplosione investì anche il treno Ancona-Chiasso in sosta al primo binario.
Il soffio arroventato prodotto da una miscela di tritolo e T4 tranciò i destini di persone provenienti da 50 città diverse italiane e straniere.
Il bilancio finale fu di 85 morti e 200 feriti. La violenza colpì alla cieca cancellando a casaccio vite, sogni, speranze.

Maria Fresu si trovava nella sala della bomba con la figlia Angela di tre anni. Stavano partendo con due amiche per una breve vacanza sul lago di Garda. Il corpicino della piccola, la più giovane delle vittime, venne ritrovato subito. Solo il 29 dicembre furono riconosciuti i resti della madre.
Marina Trolese, 16 anni, venne ricoverata all'ospedale Maggiore, il corpo devastato dalle ustioni. Con la sorella Chiara, 15 anni, era in partenza per l'Inghilterra. Le avevano accompagnate il fratello Andrea, e la madre Anna Maria Salvagnini. Il corpo di quest'ultima venne ritrovato dopo ore di scavo tra le macerie. Andrea e Chiara portano ancora sul corpo e nell'anima i segni dello scoppio. Marina morì dieci giorni dopo l'esplosione tra atroci sofferenze.
Torquato Secci, impiegato alla Snia di Terni, venne allertato dalla telefonata di un amico del figlio Sergio, Ferruccio, che si trovava a Verona. Sergio lo aveva informato che a causa del ritardo del treno sul quale viaggiava, proveniente dalla Toscana, aveva perso una coincidenza a Bologna e aveva dovuto aspettare il treno successivo. Poi non ne aveva più saputo nulla. Solo il giorno successivo, telefonando all'Ufficio assistenza del Comune di Bologna, Secci scoprì che suo figlio era ricoverato al reparto Rianimazione dell'ospedale Maggiore.
"Mi venne incontro un giovane medico, che con molta calma cercò di prepararmi alla visione che da lì a poco mi avrebbe fatto inorridire", ha scritto Secci, "la visione era talmente brutale e agghiacciante che mi lasciò senza fiato. Solo dopo un po' mi ripresi e riuscii a dire solo poche e incoraggianti parole accolte da Sergio con l'evidente, espressa consapevolezza di chi, purtroppo teme di non poter subire le conseguenze di tutte le menomazioni e lacerazioni che tanto erano evidenti sul suo corpo". Nel 1981 Torquato Secci diventò presidente dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage.
La città si trasformò in una gigantesca macchina di soccorso e assistenza per le vittime, i sopravvissuti e i loro parenti. I vigili del fuoco dirottarono sulla stazione un autobus, il numero 37, che si trasformò in un carro funebre. E' lì che vennero deposti e coperti da lenzuola bianche i primi corpi estratti dalle macerie.
Alle 17,30, il presidente della Repubblica Sandro Pertini arrivò in elicottero all'aeroporto di Borgo Panigale e si precipitò all'ospedale Maggiore dove era stata allestita una delle tre camere mortuarie.
Per poche ore era circolata l'ipotesi che la strage fosse stata provocata dall'esplosione di una caldaia ma, quando il presidente arrivò a Bologna, era già stato trovato il cratere provocato da una bomba.
Incontrando i giornalisti Pertini non nascose lo sgomento: "Signori, non ho parole" disse, "siamo di fronte all'impresa più criminale che sia avvenuta in Italia".
Ancora prima dei funerali, fissati per il 6 agosto, si svolsero manifestazioni in Piazza Maggiore a testimonianza delle immediate reazioni della città. Il giorno fissato per la cerimonia funebre nella basilica di San Petronio, si mescolano in piazza rabbia e dolore. Solo 7 vittime ebbero il funerale di stato.
Il 17 agosto "L'Espresso" uscì con un numero speciale sulla strage.
In copertina un quadro a cui Guttuso ha dato lo stesso titolo che Francisco Goya aveva scelto per uno dei suoi 16 Capricci: "Il sonno della ragione genera mostri".
Guttuso ha solo aggiunto una data: 2 agosto 1980.
Cominciò una delle indagini più difficili della storia giudiziaria italiana”.

Non ho altro da dire.