domenica 18 dicembre 2011

ICI e Chiesa

“Immorale malcostume da delinquenti” 
di Don Aldo Antonelli

Una cara corrispondente mi chiede cosa ne penso dell'ICI sugli immobili commerciali del Vaticano.
Le ho inviato questa risposta:

«Se parliamo di Vaticano, non mi interessa. E' uno stato estero come il Principato di Monaco o la Repubblica di San Marino. Non mi appartiene e non gli appartengo! Se parliamo di Chiesa non la si può non condannare. Cosa ha a che fare questa Chiesa più preoccupata a difendere i propri privilegi che ad assolvere ai propri doveri, con quel Dio che in questi giorni ricordiamo aver scelto di farsi uomo per amore, rinunciando al privilegio, tutto suo, della divinità?
Un chiesa imbavagliata dall'interesse ed un Dio liberato dall'amore non possono convivere in nessun matrimonio».

Siamo di fronte ad una improntitudine immorale e, ancor prima, ad un malcostume da delinquenti.
L'Italia è piena di Istituti Religiosi che non solo non pagano l'ICI, ma non pagano nemmeno l'IRPEG e l'IVA su attività alberghiere mai denunciate al fisco. Ospitano gruppi o singole persone in camere con servizi a mezza pensione o a pensione intera, facendo concorrenza scorretta agli alberghi e ai ristoranti.

I vari Governi, naturalmente, se ne guardano bene dell'intervenire: lo scambio di reciproche convenienze ottunde ogni senso di giustizia, riciclando come normale prassi ciò che è furto reiterato.
Politici e Monsignori sono ormai gemelli siamesi, figli illegittimi di convivenze illegali tra sacro e profano, tra benedizioni e genuflessioni, tra solenni Pontificali e cene luculliane. Non si sa, tra di loro, chi sia più miscredente: il politico che si inginocchia e adula o il monsignore che benedice e intasca.
Se i primi li chiamano "atei devoti", i secondi come li dobbiamo chiamare? "Devoti atei"?

mercoledì 7 dicembre 2011

Quello che non c'è

Quello che non c’è

di Alessandro Gilioli, da piovonorane

Quello che non c’è, prima di tutto, è una patrimoniale. Per carità, i patrimoni non si toccano, in questo paese dove il cinquanta per cento della ricchezza è in mano al dieci per cento dei cittadini.

Quello che non c’è è un’imposta sulle attività finanziarie: e suona patetico gabellare per tale (come ha fatto Grilli) l’aumentino del bollo di Stato sul conto titoli.

Quello che non c’è è un taglio alle spese militari: continuiamo a comprare armi come se stessimo preparandoci a un’invasione aliena.

Quello che non c’è è un passo qualsiasi per abolire i privilegi della Chiesa, dall’Ici in giù: e ci mancherebbe, con l’asse cattolico che ha portato Monti a Palazzo Chigi.

Quello che non c’è è un taglio vero ai privilegi e alle spese della politica: unico punto pervenuto, il dimagrimento delle province, per il resto ciccia.

Quello che non c’è è un passo deciso verso la banda larga e la green economy: solo belle parole e vaghi propositi.

Quello che non c’è è il coraggio di aumentare l’Irpef almeno a chi prende più di 100 mila euro l’anno, e che se pure ne scuce un paio alla comunità in crisi non si suicida di certo.

Quello che non c’è è una severa legge penale tributaria, davvero curioso per un governo i cui membri hanno tutti studiato o lavorato negli Usa, dove le pene per gli evasori fiscali arrivano a 15 anni.

Quello che non c’è insomma è il coraggio di cambiare passo, di mostrare una nuova visione, una cultura diversa, un’ipotesi alternativa di futuro.

E quello che non c’è mi sembra, purtroppo, più importante e brutto di quello che invece c’è.