La politica è fatta di scelte, ma vive di gesti simbolici. Veltroni, il leader della sinistra italiana, anziché suggerire o sollecitare o tollerare che l'inumana favela di Tor di Quinto fosse rasa al suolo, avrebbe dovuto visitarla.
Avrebbe dovuto parlare con chi ci abita, fermarcisi una notte, convocare le telecamere e dire agli italiani due cose: come leader del Partito democratico, spiegare che i non-italiani sono tanti e saranno sempre di più, e che è nostro preciso dovere garantire loro condizioni di vita dignitose; come sindaco di Roma, impegnarsi a trovare quanto prima un lavoro e una casa e una scuola per tutti i disgraziati abitanti della baraccopoli. Che senso ha andare in Africa se non ci si preoccupa delle migliaia di stranieri che vivono come bestie in decine di agglomerati fatiscenti - Forza Italia ne ha contati ottanta - sparsi per Roma? E che senso ha essere e dirsi «di sinistra» se non si condivide e non si pratica l'accoglienza, la tolleranza, l'apertura, la pietà?
Non traggano in inganno le parole, che potranno suonare retoriche: siamo talmente assuefatti al cinismo della sopravvivenza quotidiana e ai suoi automatismi, da non conoscere più neppure il lessico della convivenza civile. La questione dei non-italiani è esemplare per molti motivi: ma soprattutto perché è un esempio di come le soluzioni moralmente più ripugnanti - figlie dell'ondata xenofoba di cui siamo vittime e artefici - siano anche le più stupide e inefficaci. In altre parole, la questione dei non-italiani dimostra che etica e politica sono due aspetti di un medesimo progetto - la convivenza umana -, e che senza un'etica robusta e condivisa la politica, semplicemente, sbaglia.
Sia chiaro: nessuno, quando si parla di «tolleranza», intende quella caricatura che ne fa la destra. È ovvio che le leggi vanno rispettate, che la sicurezza va garantita perché è il fondamento della libertà, e che chi sbaglia deve pagare. Né il rispetto delle leggi è una concessione, o un privilegio, o un «giro di vite»: è, semplicemente, un dovere di tutti, degli italiani e dei non-italiani. Le leggi, a loro volta, non devono contraddire la lettera e lo spirito della Costituzione, e devono essere uguali per tutti. Sono questi i principi dello Stato liberale di diritto, e poiché tutti dicono di condividerli, non resta che applicarli con scrupolo e coscienza.
Ma il punto non è questo. Forse sarebbe bastato qualche lampione in più per salvare la vita di Giovanna Reggiani; forse il decreto del governo - che venga votato o no dalla sinistra radicale, che venga bocciato o no dalla destra - non impedirà a un altro assassino di alzare la sua mano omicida. È talmente evidente che il punto è un altro, che fa persino rabbia l'incoscienza con cui i politici si rimpallano le responsabilità, per di più misurando queste «responsabilità» sul numero di espulsioni o di internamenti o di arresti e mai, nemmeno per sbaglio, sulla qualità della convivenza, del rispetto, della dignità reciproca.
Proviamo invece a ragionare sulla realtà. Nel 2000, secondo uno studio condotto dal World Institute for Development Economics Research delle Nazioni Unite, l'l% degli adulti più ricchi del pianeta possedeva da solo il 40% della ricchezza mondiale, e il 10% ne deteneva l'85%; al 50% più povero della popolazione adulta toccava invece l'1% della ricchezza globale. Sono dati ampiamente noti, ed è improbabile che in questi sette anni la situazione sia migliorata. Dunque è questo il nostro mondo, il mondo che abbiamo costruito, il mondo in cui viviamo. Che quella metà del mondo che possiede, tutta insieme, soltanto l'l% delle ricchezze, provi in qualche modo a spostarsi verso quell'area, abitata dal 10% della popolazione, dove si trova l'85% della ricchezza, è del tutto normale. Sarebbe strano che non accadesse. È una specie di legge dei vasi comunicanti. Non abbiamo forse fatto così, noi italiani, partendo per l'America, per l'Australia, per il Belgio, per la Svizzera, per la Germania?
E se io desidero mandare mia figlia a studiare negli Stati Uniti perché abbia una formazione migliore, perché mai un ragazzo maghrebino o romeno o senegalese dell'età di mia figlia non dovrebbe desiderare di venire in Italia per provare ad avere una vita migliore?
Il pietismo ipocrita con cui mascheriamo la durezza del nostro cuore ci fa parlare di «disperati»: ma chi varca il mare o attraversa il deserto per cominciare una nuova vita è al contrario una persona piena di speranze, proprio come lo saremmo noi se potessimo salpare per un mondo migliore. Tutti coloro che tentano in ogni modo di venire da noi, dunque., hanno il diritto soggettivo di farlo perché coltivano una Speranza; e proprio perché coltivano una speranza sono persone ricolme di dignità. Che risposta diamo a queste donne e a questi uomini? La politica (e la sinistra) è prodiga di soluzioni per i criminali, ma non sa dire una parola alle persone perbene, che sono, come in ogni gruppo umano, la grande maggioranza.
La nostra ipocrisia non conosce limiti. Multiamo i lavavetri ma non muoviamo un dito per stroncare il traffico indegno di ragazze dell'Est o dell'Africa che vengono quotidianamente deportate, stuprate, percosse e uccise esclusivamente per il nostro piacere, consumato a buon prezzo lungo i viali mentre a casa ci aspetta una famiglia affettuosa. Radiamo al suolo in diretta tv le capanne di lamiera e stracci che hanno ospitato un presunto assassino, e non ci poniamo nemmeno il problema di come hanno vissuto finora i «vicini di casa» dello sciagurato Nicolae Romolus Mailat, e di come vivranno adesso.
Coltiviamo a tal punto la paura, da scordarci di avere a che fare con altri esseri umani. E un errore concettuale pensare che esistano ancora le frontiere, i confini, gli Stati. Il mondo somiglia a un gigantesco Sud Africa: è cioè una comunità profondamente divisa (un'esigua minoranza bianca e ricca, una stragrande maggioranza «colorata» e povera), e tuttavia costretta a convivere. Giusto o sbagliato, è così. Possiamo imboccare la strada dell'apartheid, per esempio sgomberando le baraccopoli, procedendo a espulsioni di massa, internando chi non è in regola, modificando le leggi, pattugliando le coste, affondando le barche che violano le nostre acque territoriali. Poiché il flusso migratorio non può fermarsi, e dunque non si fermerà, è probabile però che la strada dell'apartheid porti a una progressiva militarizzazione della nostra vita quotidiana, senza che la nostra sicurezza ne risulti accresciuta. Oppure, possiamo aprire gli occhi alla realtà e, per esempio, scoprire che gli ideali antichi e le parole dimenticate della sinistra non soltanto hanno un senso, ma addirittura indicano la soluzione oggi più ragionevole, perché più pratica e più efficace.
È questo che si vorrebbe da Walter Veltroni: che il capo della sinistra attinga alla grande tradizione di cui è oggi il custode e l'interprete più autorevole per indicare l'unica soluzione compatibile: l'accoglienza, la tolleranza, l'integrazione. Il «buonismo» non c'entra niente, checché ne dica Casini rimproverando quei cattolici che ancora sono capaci di dare un senso concreto alla propria fede: c'entra invece, e molto, l'idea che si possa convivere in pace anziché in guerra. Una terza possibilità non esiste. Agli stranieri che vengono in Italia dobbiamo dare, nei limiti delle nostre possibilità, che peraltro sono molto ampie, un lavoro, una casa, una scuola: dobbiamo dar loro una prospettiva. È giusto, ed è utile. Non è detto che questa strada porti al successo. Nel governare una società complessa, del resto, spesso limitare il danno è già un grande risultato. Nessuno predica la pace universale: sarebbe bella, ma sappiamo che non è possibile. È possibile invece sbagliare, e anzi accade sovente. Ed è anche possibile provare a fare le cose in modo più serio, più giusto, più utile, partendo dalla dignità di ogni singolo essere umano e impegnandosi perché questa dignità dia i suoi frutti.
Se la sinistra non fa questo, oggi, subito, a che serve la sinistra?
P.S.
Grazie a "Dicolamia" e a "Cittaddino qualunque" che mi hanno voluto nominare per questo premio.
Inutile dire che le loro motivazioni mi hanno fatto un grande piacere.
Anche stavolta però non proseguo la catena, estendendo il premio a tutti gli amici con cui quotidianamente mi confronto ritenendoli tutti ugualmente "degni" di meritare questo riconoscimento.
39 commenti:
Ce ne sono tante di cose da fare subito e con urgenza, questa non è che una delle tante. Forse, non essendo tra le più semplici da gestire verrà lasciata indietro sperando che non ci sia un'altro caso Reggiani a riporterlo bruscamente d'attualità!
Penso che la prima frase dell'articolo sia fondamentale: in generale bisognerebbe conoscere maggiormente...ma staimo parlando di Veltroni...
Un abbraccio
come sempre tutto il mondo politico si mobilita spinto da ogni fatto di cronaca, ma poi il tempo passa e non cambia niente.
Sono d'accordo sul fatto che l'immigrazione è un fiume in piena che non si può fermare, quindi bisogna assolutamente affrontare la fase dell'accoglienza, ma io non vorrei mai che diventi un'assistenza sistematica e passiva ma trovare un modo costruttivo per isolare i delinquenti e far lavorare gli onesti.
Però (può sembrare antipatico) la precedenza va data a molti italiani che hanno il problema del lavoro, della casa e della sicurezza cosiccome tutti i pensionati che hanno un mensile da miseria.
In ogni caso quando parlo di sinistra non parlo di Veltroni, nel PD non c'è molta sinistra.
Di sicuro il tutto è di difficile soluzione, anche perchè Berlusconi si propone di chiudere le frontiere dimostrando che continua a prenderci per i fondelli trovando soluzioni irrealizzabili a problemi reali.
non credo che veltroni sia il leader della sinistra italiana
buona domenica franca:)
ricordo, a proposito dell'omicidio Reggiani, che la maggior parte delle violenze le donne le subiscono in casa. questo senza nulla togliere alla tragicità di quel fatto di cronaca. credo solo che il terribile fatto sia stato strumentalizzato.
D'accordissimo sul fatto che dobbiamo consentire ai ragazzi maghrebini o romeni o senegalesi di venire in Italia per migliorare la loro vita; ma siamo sicuri che in Italia ci sono le condizioni e le possibilità per assicurare una vita migliore, un lavoro, una casa agli stranieri?
Veltroni di sinistra? Forse qualche anno fa!!! Ho impressione che si stiano tutti "democristianizzando" con tutto i rispetto per la vecchia D.C.!!!
immagine all the people,living their life in peace.....imagine there's no country,nothing to live or die for,and no religions,too...............scusa,ma mi è venuta in mente questa canzone.in fondo,è quello che sogno,ma so che nn sarà mai possibile.il casino è che si tratta,spesso,di una lotta tra poveri.concordo con quello che dici,anche se penso che in italia nn ci sia modo di accogliere tutti,manca il lavoro,siamo un paese allo sfascio.cio' nn giustifica affatto il razzismo e l'accanimento che c'è contro il diverso,che viene spesso etichettato come criminale,penso che vada affrontato il problema dell'immigrazione lasciando da parte ogni ideologia e dando spazio al buonsenso,alla compassione anche,alla collaborazione,ed ovviamente pretendendo il rispetto delle regole.sia da parte degli italiani,che degli stranieri,a "parimerito"!e i datori di lavoro,che pagassero loro i contributi,xchè spesso sono proprio loro che tuonano magari contro gli immigrati,e poi se ne approfittano!comunque,veltroni capo della sinistra?quando mai?certo,non più!
Come di consueto i tuoi post segnalano problemi seri e riflessioni stimolanti.
Oggi ci hai proposto un ottimo approccio ad una globalizzazione di sinistra.
Grazie, bruno.
... campagna elettorale infingarda!
Davvero un bell'articolo e centra anche il nocciolo della questione, chi rappresenta la sinistra dovrebbe portare avanti la cultura e i valori di sinistra, che fine hanno fatto? A che serve candidare impiegati di call center?
spesso quelli che si muovono dal proprio paese per venire nel nostro sono proprio i migliori, i più coraggiosi, i più forti, quelli più motivati a cambiare in meglio la loro vita, ad apprendere una nuova lingua ecc.
Da quando Veltroni è il capo della sinistra? ;-))
L'articolo è lucido, non lo condivido al 100%, ma è un buon intervento.
L'eticheta "buonista" che Veltroni si è guadagnata è quantomai impropria.
L'arroganza, l'alterigia, la costante propensione a...sussumere od escludere, la rincorsa securitaria a scopo elettorale del singolo fatto di cronaca efferato:questi sono i tratti di Veltroni, altro che buonismo.
Questo è un buon intervento. Ma contiene ragionamenti che non porterebbero voti.
Perchè il dramma è culturale, prima ancora che politico.
E il circo partitico elettorale una finzione.
Uno come Gonnella, e la sua associazione Antigone, se avessero uno spazio pubblico per dire la loro verrebero lapidati.
Saluti.
Giusto, Franca.
Sono completamente d'accordo con quanto commntato da Marina.
Ciao.
Veltroni non è un vero uomo di sinistra e comunque non bisogna essere schierati per riflettere seriamente e con coscienza. Passo ogni giorni nei pressi della baraccopoli di Tor di Quinto e vedo la fatica negli occhi della gente che sale a quelle fermate di bus: basterebbe questo a far cambiare opinione...
Per quanto riguarda "Veltroni uomo di sinistra", c'è da tener presente che l'articolo è dei primi di novembre.
Il buon Walter ancora non aveva gettato del tutto la maschera...
Tutto giusto ma nell'articolo il giornalista ha fatto un "errore": ha parlato di Sinistra riferendosi a Veltroni, ma il partito di Veltroni non è e non vuole più essere di sinistra. Infatti anche nel nome la parola "sinsitra" non esiste più. Quindi appello sacrosanto ma fatto alla persona sbagliata....
Scusa non avevo letto il tuo ultimo commento lol
Siamo dei poveri illusi. Ci illudiamo che la sinistra sia funzionale a risolvere i problemi della povertà, del precariato, dell'immigrazione, della laicità, insomma di tutto ciò che non vine fatto dalla destra e che non sarà mai fatto dal Partito democratico. La vera sinistra purtroppo non siede al governo quella è funzionale solo a sostenere le leggi che devono passare alla camera o al senatp. Il P.R.C in particolare ha sempre votato a favore del rifinanziamento delle missioni militari all'estero, non sono stati capaci di affrontare in modo dignitoso il problema della precarietà di tanti giovani, non hanno portato avanti un serio programma di integrazione interculturale nel nostro paese e non hanno mosso un dito per limitare le morti sul lavoro. Adesso tutte queste cose ci ripromettono che le faranno...siamo pronti all'ennesima presa per i fondelli...ce la meritiamo!
@Franca
Mah. A me sinceramente pare che la avesse gettata da un bel po'., la "maschera".
Anzi, che nemmeno la avesse mai indossata.
mi ricordo quello che disse il mio professore di latino e greco (era un prete) di ritorno dall'argentina dove era stato mandato per una decina di anni, a lavorare e ad insegnare in una comnità veramente povera, ci disse che aveva dovuto andare lì per aprire gli occhi, che qui a Roma non si era nemmeno curato dei bisognosi di Borgo, per esempio, troppo occupato ad insegnare, aveva chiuso gli occhi,era come cieco, era dovuto andare fuori per capire che c'era bisogno anche qui, a Roma.
Sui rom ammetto di avere dei pregiudizi, dettati dalle antiche leggende metropolitane che li demonizzavano come rapitori di bambini.... questo ritornello mi è rimasto talmente impresso che ancora oggi ne ho paura e non sono riuscita ad esorcizzarla, lo ammetto.
L'articolo di Rondolino è pienamente condivisibile. Proprio perchè la questione è urgente ed importante temo che non arriveranno risposte adeguate. Sono alquanto pessimista, e me ne dispiace molto.
"Però (può sembrare antipatico) la precedenza va data a molti italiani che hanno il problema del lavoro, della casa e della sicurezza cosiccome tutti i pensionati che hanno un mensile da miseria".
Quoto queste parole di cittadinoqq.
Concordo, tranne che sul fatto che Veltroni possa ancora essere considerato il capo di qualcosa anche solo sbiaditamente di sinistra. Che ingenuità in un articolo tanto giusto.
La cultura della solidarietà è stata italiana. Al passato prossimo, ma inesorabilmente passato.
Bellissimo articolo. Gli sgomberi di quel periodo furono un brutto capitolo in tutti i sensi. Vedo spesso una intera famiglia che la mattina esce da un buco accanto alla strada, non sono più Rom o rumeni, o immigrati poveri e sfruttati, sono uomini talpa. Sicuramente non erano questi gli intenti di nessuno, tante strumentalizzazioni, errori, leggerezze. La situazione sarebbe stata difficile gestirla comunque, non si dovrebbe mai arrivare all'emergenza, come la mondezza a Napoli e scusate l'accostamento improprio. C'è da dire, l'ho già ricordato, che gli sgomberi erano cominciati un anno prima e che a Roma c'è un campo che è un villaggio di casette prefabricate per 3.000 persone, dove i bambini vanno a scuola e le associazioni con il Comune di Roma lavorano per integrare lavorativamente gli adulti. Lavoro difficilissimo, ma si sta tentando. Purtroppo le buone pratiche non fanno notizia.
la cosa triste della politica italiana, é che in Italia non gli esponenti non ragionano sempre (leggi=non ragionano mai) per ideologia politica, ma per denaro.
A mio avviso l'articolo presenta diversi punti di debolezza dati dalla classica mentalità utopica del sognatore intellettuale di sinistra.
Veltroni dovrebbe passare la notte a Tor di Quinto come Bertinotti andare a lavorare per un mese in fabbrica, Bossi vivere a Palermo, Casini farsi prete, Berlusconi vivere con 850 euro al mese e tutti i blogger vivere tutte le esperienze delle quali parlano. Cose possibili da concepire dentro l'ampolla della sega mentale ma impossibili da realizzarsi.
Veltroni, secondo Rondolino, come sindaco di Roma dovrebbe impegnarsi a trovare quanto prima un lavoro, una casa ed una scuola ai baraccati. Io mi auguro che lo trovi anche agli italiani altrimenti mi conviene andare a vivere in una bidonville fiano alle prossiem elezioni. E perchè non a tutti i cittadini romani? Compresi gli italiani indigenti? I nuovi poveri? I falsi ricchi? E perchè non a tutti quelli che Roma l'hanno visitata almeno una volta... anzi no a chi ha almeno fatto tutto il raccordo anulare contromano. Perchè si spinge sempre sulla politica servile e assistenzialista? Perchè nessuno scrive che lo stato deve dare STRUMENTI e non la pappa pronta. Deve dare strumenti a tutti. Per formarsi, per mantenersi, per migliorare e riuscire. La questione è seria. E ne la sinistra ne la destra possono fare qualcosa se non si parte dalla base. La base di uno stato civile è la scuola. Non serve dare una scuola a tutti se non è una scuola giurassica. Se la scuola insegnasse i valori e l'uguaglianza fra 20 anni avremo una società maggiormente integrata o meglio... normalmente integrata. Il bambino che cresce con quei valori li fa propri e li trasmette. L'adulto che si trova ad assorbire coercitivamente quei valori, li storpia, li assembla a proprio piacimento fruttificando il tutto nel classico: "Poverini ma io li ammazzerei tutti.". La società di oggi non è pronta alla multietnia. Siamo ciechi se crediamo il contrario. Nemmeno la mia generazione è pronta. Quella di mio cugino che frequenta l'asilo potrebbe essere la base di partenza. Mi sembra oggi che l'integrazione sia forzata, ci sia in noi una parte di cervello xenofoba che viene nascosta e mitigata da quella razionale e caritatevole. Solo una società che nasce e si sviluppa con certi caratteri può dirsi totalmente avulsa dalla lotta razziale e razzista. Il problema odierno può essere solo risolto con gli strumenti di cui sopra. Dire "una cosa di sinistra" è dire: assicurare l'istruzione PUBBLICA a tutti con mezzi decenti e innovativi. Quella è l'unica base possibile. L'unica ideologia di sinistra che funzioni dato che la destra è sempre stata fautrice e sostenitrice della istruzione privata. Se nell'oggi vogliamo agire sul lavoro allora rendiamolo stabile e giustamente retribuito. Con esso si paga un affitto, si accende un mutuo, si compra una casa. Voglio che un'immigrato abbia le mie stesse possibilità. Voglio che non goda delle case popolari. Voglio abbia un lavoro e in 20 anni si paghi il suo sogno di esserci riuscito come capita a tutti. Se vogliamo dare agli stranieri una possibilità si deve puntare su queste cose.
L'articolo sembra far piovere dall'alto il concetto di tolleranza. Una tolleranza in senso assoluto. Parli di tolleranza chi ha subito un torto da chi dovrebbe essere secondo Rondolino oggetto di tolleranza, parli di tolleranza chi è esasperato, parli chi non ne fa una finalità politica. Ma solo un bene di prima necessità.
la cosa che mi ha colpito di più di quest'articolo è la scelta del termine "non italiani". Fra tanta formalità del politicamente corretto, la trovo l'espressione più felice, nella sua semplicità.
ciao franca, sono tornato! se vuoi capire qualcosa di più su dove sono stato leggi il mio ultimo post! domani con calma, leggo l'articolo che hai segnalato. nel frattempo volevo dirti che il libro che stai leggendo è bellissimo e ti piacerà, vedrai.
a me ha messo i brividi.
a domani!
L'articolo è molto bello e sentito, serve a ricordarci (o a ricordarmi) cosa vuol dire essere di sinistra.
Spesso la fretta e la superficialità, che non sempre riesco a tenere lontane, me lo fanno scordare.
ma poi il cuore e la ragioni alla fine li mi portano, a condividere questi sentimenti e queste idee con tanta gente che la pensa, sulle cose importanti, come me.
oggi in stazione a Lecco c'erano diversi gruppo di scolari (come ogni giorno), ma oggi ho visto un gruppo misto di ragazzi (in maggioranza di colore) che, appena usciti da scuola, parlavano in un italiano con accento nordico misto a termini tipici della cucina e della cultura africana.
e mi ha fatto un effetto bellissimo. la mia mente è corsa verso il futuro, quando i cittadini italiani, mantenendo la propria cultura, dialetto, tradizione, si diversificheranno per il colore della pelle.
Avete in mente Mario Balotelli, giocatore della primavera dell'Inter? ecco, quello è un esempio di integrazione, qualcosa di sinistra.
brava franca, come sempre.
sarò una voce controcorrente: l'articolo lo trovo molto demagogico e poco realista. la frase "Forse sarebbe bastato qualche lampione in più per salvare la vita di Giovanna Reggiani" è riduttiva e oltraggiosa nei confronti della memoria della signora Reggiani che non è morta per mancanza di luce ma perché in giro c'era un assassino che l'ha violentata e uccisa. come non condividere la utopica speranza di poter offrire opportunità a tutti? Ma è ipocrita offrire accoglienza quando non ci sono le risorse, le opportunità, gli strumenti per consentire una vita migliore. Accogliamo rumene, nigeriane e albanesi per destinarle ad una vita da marciapiede. Accogliamo marocchini per vederli buttati sui marciapiedi a cercare di guadagnarsi pochi euro a giornata con le loro paccottaglie. L'articolo fa anche facili generalizzazioni come se gli immigrati fossero tutti uguali, tutti con la voglia e la cultura di lavorare. In certe culture non è ammesso che gli uomini lavorino; come vi spiegate che a portare il pane a casa, attraverso l'accattonaggio, siano solo donne e bambini? Dove sono gli uomini?
Scusate la durezza del mio commento, ma non posso fare a meno di essere, come sempre, sincera.
ciao:)
ciao, grazie del tuo commento :) Buona notte
Passo per un saluto...Grazie per le visite sempre gradite!!!
A presto ;)
Oggi gli equilibri sono cambiati. Franco Cardini, storico mediovalista di fama internazionale e proveniente dalle file della destra, ha scritto un articolo intitolato "Io, sessantottino di destra". Leggilo tutto, e guarda il passaggio sui "rom". Scrive Cardini: "Oggi , io e il resto della mia banda - che continuiamo a sentirci metafisicamente e metapoliticamente “di destra” per i motivi che ho esposto in L’intellettuale disorganico, ma che ormai riteniamo impossibile lo “stare a destra” visto quel che ormai ciò sta significando in Italia e nel cosiddetto Occidente di questo inizio di secolo e di millennio - schiumiamo letteralmente di rabbia quando passiamo davanti ai manifesti dei giovani di An che inneggiano ai “Trecento”, quelli di Sparta e quelli dell’ignobile fumettone: loro, gente dell’Occidente contro Oriente; e noi, che alle Termopili e a Salamina saremmo stati orgogliosi di servire il Gran Re e che, sulla scia di Alessandro, degli Scipioni, di Mario e di Cesare (e magari di Diocleziano), abbiamo sognato la Sacra e Universale Monarchia nella quale Oriente e Occidente, Atene e Alessandria, Roma e Gerusalemme s’incontrano e si fondono. Noi antimoderni fieri di esserlo, alla ricerca inquieta d’un’identità europea plausibilmente definibile; e loro, gente dell’Occidente arresa al liberal-liberismo e al turbocapitalismo delle multinazionali, gente dell’ordine che - come diceva Georges Bernanos - è solo “ordine per le strade” e della sicurezza che a nostro avviso, quando sia coniugata senza la giustizia, è solo un’oscena parodia di se stessa e non solo non può, ma perdinci non deve, reggere. Noi che amiamo l’antica, nobilissima, dolorosa cultura dei “rom” che da secoli trascinano per l’Europa la loro arcaica diversità, segno di contraddizione sbattuto in faccia alle borghesie deodorantizzate di fuori e luride di dentro, e che difendiamo il diritto dei musulmani ad aver moschee in Europa; e loro che fanno causa comune con le Fallaci e i Magdi Allam. Noi che piangiamo di commozione sulla crociata che ha permesso a re Riccardo d’incontrare il Saladino e a Francesco d’Assisi di colloquiar fraternamente col sultano; e loro intestarditi nella gloriuzza di Lepanto, battaglia vinta all’interno d’una guerra perduta (quella detta “di Cipro”, del 1570-72) per la quale né il sacro Romano Imperatore né il Cristianissimo Re di Francia avevano dato né un soldo, né un soldato. Noi che ci doliamo di non poter cantare a squarciagola le parole dell’Inno Europeo, perché quelle vecchie dell’Ode a Schiller sulla musica della Nona di Bee- thoven non sono adatte e perché la proposta di Adolfo Morganti e di Stefano Piacenti di dotare quelle splendide note di parole nuove - come la Costituente di Francoforte fece nel 1848 con l’Inno Imperiale di Haydn - è caduta nel vuoto; e loro che stonano il già orribile Inno di Mameli, per giunta berciando lo sgangherato «Va’ fuori d’Italia, va’ fuori stranier» davanti alle baraccopoli dei poveri extracomunitari vittime del neocolonialismo globalizzatore e non, come sarebbe loro dovere di difensori della dignità nazionale, dinanzi ai cancelli delle Basi militari americane (ve lo ricordate il Cermis, ve lo ricordate Calipari, o custodi della dignità della Patria?) o a quelli delle multinazionali che nel XXI secolo costringono gli operai a lavorare in condizioni d’insicurezza e di mancanza effettiva di diritti che sanciscono la fine dello “stato sociale” e il ritorno ai bei tempi dei Padroni delle Ferriere (e la strage alla Thyssen di Torino del 6 dicembre 2007 insegni), o a quelli delle sedi dove stanno acquartierati gli ascari della Nato, vere “peregrine spade” che ci minacciano fingendo di difenderci e che hanno arruolato anche noi, pur continuando a presentarsi come autentico «stranier che armato accàmpasi sul nostro Suol», come diceva il vecchio Carducci. Loro che hanno rispolverato gli stracci penduli del cosiddetto Risorgimento, antica questione che a nostro avviso brillantemente avrebbe potuto esser risolta da un più oculato e sistematico uso dei Fucilieri Imperiali di Boemia (e, perdinci, viva Radetzki e viva Metternich, e «a morte i sciuri e viva i povaritt» , come dicevano i contadini lombardi nel 1848). Loro che celebrano il 20 settembre del 1870 insieme con la massoneria; e noi che, quelli del Cadorna e della “Breccia di Porta Pia”, li abbiamo sempre chiamati “la Banda del Buco”. Loro che si commuovono dinanzi all’Altare della Patria; e noi che lo abbiamo sempre considerato quella marmorea e massonica “macchina da scrivere” una neopagana e blasfema caricatura del Sacro alla quale la boria della sciagura nazionale, la dinastia sabauda (sempre salvando naturalmente il Principe Eugenio), purtroppo accoppiata alla retorica insipiente di forma di alcuni sconsiderati patriottardi anticlericali e anticattolici sacrificarono il magnifico chiostro del convento dell’Ara Coeli. Loro che osannano le aggressioni all’Afghanistan e all’Iraq; e noi che c’indignamo dinanzi a Guantanamo e ad Abu Ghraib e ci commoviamo alle note dell’Aprendimos a quererte, il llanto per la morte del comandante Che Guevara. Noi che a suo tempo abbiamo sognato la Terza Forza, con Perón e con Nasser e magari con De Gaulle perfino con Tito; e loro che sono sempre stati col “Mondo Libero”, quel felice paradiso nel quale se non hai la carta di credito non ti fanno entrar in ospedale (gloria eterna a Michael Moore!). Noi che oggi guardiamo a Chomsky, a Bové, a Latouche, ad Amartya Sen, a Vandhana Shiva; e loro che si balocca- no con i neoconservatori americani e che fanno da spalla agli inquinatori planetari, sostengono che il “riscaldamento globale” è una balla ed eleggono a propri maestri di storia i Michael Ledeen e i Rodney Stark. Che cosa c’entriamo noi con loro, e che cosa c’entrano loro con noi?". Interessante no?
@ Articolo 21:
Sì è interessante...
quoto totalmente Guccia. Buona settimana!!
Bello l'articolo, ma manca una parte dell'analisi: il potere di cui Veltroni è parte, ormai non ha più nulla di democratico: è un'oligarchia che fonda il suo potere su apparati deviati, sul parassitismo burocratico, suille pantegane che scorazzano in branchi e clan sulle macerie dello stato di diritto, che esiste ormai solo nei manganelli della polizia per i più deboli, nelle reti di reclusione dei CPT, nelle ruspe, nella bava alla bocca di Forza Nuova, etc.
Dobbiamo riscoprire il protagonismo politico ed il desiderio di conflitto. Senza deleghe.
saluti libertari
el
Se voi comunisti sostenete la "cultura della legalità" allora non dovreste, come logica conseguenza, contribuire alla lotta contro l'immigrazione candestina che, come noto, sfugge ai limiti della legalità?
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