“Tra la casa di Peppino Impastato e quella di Gaetano Badalamenti ci sono cento passi. Li ho consumati per la prima volta in un pomeriggio di gennaio, con uno scirocco gelido che lavava i marciapiedi e gonfiava i vestiti. Mi ricordo un cielo opprimente e la strada bianca che tagliava il paese in tutta la sua lunghezza, dal mare fino alle prime pietre del monte Pecoraro. Cento passi, cento secondi: provai a contarli e pensai a Peppino. A quante volte era passato davanti alle persiane di Don Tano quando ancora non sapeva come sarebbe finita. Pensai a Peppino, con i pugni in tasca, tra quelle case, perduto con i suoi fantasmi. Infine pensai che è facile morire in fondo alla Sicilia.”
(Claudio Fava, “Cinque delitti imperfetti”, Mondatori 1994, p.9)
Brecht diceva: «Non è detto che ciò che non è mai stato non possa essere».
Sono trascorsi, infatti, ormai trenta anni dal tremendo omicidio politico mafioso di Peppino Impastato e, alla fine, dopo anni di sofferenza, di lotta e di isolamento, la verità è stata fissata dalla magistratura e dalla relazione della Commissione antimafia che ho avuto l'onore di redigere: nel caso di Peppino Impastato lo Stato ha compiuto un vero e proprio depistaggio perché non si scoprisse, come era possibile, dal primo momento che si trattava di un delitto di mafia. Dobbiamo la verità all'impegno difficile e quotidiano di mamma Felicia, di Giovanni Impastato, dei compagni di Peppino, di Umberto Santino e di Anna Puglisi.
Sono trascorsi, infatti, ormai trenta anni dal tremendo omicidio politico mafioso di Peppino Impastato e, alla fine, dopo anni di sofferenza, di lotta e di isolamento, la verità è stata fissata dalla magistratura e dalla relazione della Commissione antimafia che ho avuto l'onore di redigere: nel caso di Peppino Impastato lo Stato ha compiuto un vero e proprio depistaggio perché non si scoprisse, come era possibile, dal primo momento che si trattava di un delitto di mafia. Dobbiamo la verità all'impegno difficile e quotidiano di mamma Felicia, di Giovanni Impastato, dei compagni di Peppino, di Umberto Santino e di Anna Puglisi.
Ho due immagini, fra le tante, nella mente.
La prima così è descritta da Giovanni Impastato: «Sfilammo nel '79, per le troppo silenziose strade di Cinisi, facendo tesoro delle scelte e del percorso di Peppino, considerato ancora allora dallo Stato un suicida o un terrorista saltato sulla bomba che stava innescando. nella prima manifestazione nazionale contro la mafia, organizzata da Radio Aut»
«Dal Centro di documentazione di Palermo, assieme ai compagni di Democrazia proletaria, di cui Peppino era stato eletto consigliere comunale e a quella parte di movimento che era rimasta profondamente colpita dall'ufficisione di Peppino. Eravamo in due mila».
La seconda immagine che ritengo il movimento più bello della mia vicenda politica, è quella di mamma Felicia che, quando, nella casetta di Cinisi, nel 2000, le consegnammo la relazione della Commissione antimafia, che sanciva il depistaggio di Stato e chiedeva scusa in nome del Parlamento italiano (caso tuttora inedito) soffiò, in un orecchio la frase: «Oggi mi avete resuscitato Peppino».
La prima così è descritta da Giovanni Impastato: «Sfilammo nel '79, per le troppo silenziose strade di Cinisi, facendo tesoro delle scelte e del percorso di Peppino, considerato ancora allora dallo Stato un suicida o un terrorista saltato sulla bomba che stava innescando. nella prima manifestazione nazionale contro la mafia, organizzata da Radio Aut»
«Dal Centro di documentazione di Palermo, assieme ai compagni di Democrazia proletaria, di cui Peppino era stato eletto consigliere comunale e a quella parte di movimento che era rimasta profondamente colpita dall'ufficisione di Peppino. Eravamo in due mila».
La seconda immagine che ritengo il movimento più bello della mia vicenda politica, è quella di mamma Felicia che, quando, nella casetta di Cinisi, nel 2000, le consegnammo la relazione della Commissione antimafia, che sanciva il depistaggio di Stato e chiedeva scusa in nome del Parlamento italiano (caso tuttora inedito) soffiò, in un orecchio la frase: «Oggi mi avete resuscitato Peppino».
Si chiudeva una vicenda iniziata tragicamente nel '78. E' importante parlarne oggi anche perché Peppino va sottratto al destino di una icona strumentalizzata: è bello che sia considerato, da tanti giovani, da tante ragazze, un Che Guevara contemporaneo, ma è più importante viverlo nel suo contesto, affinché il ricordo sia stimolo per continuare la sua lotta. Peppino fu uomo del '68, non va dimenticato. Fu un compagno dell'antimafia sociale, quella difficile, non quella ufficiale, spesso ipocrita, banale e trasformista. Peppino era un militante che organizzava mobilitazione sociale; era profondamente impegnato politicamente; era precursore, nella sua capacità di utilizzare la metafora, l'irrisione, il sarcasmo come strumento di lotta politica e di desacralizzazione dei capi mafiosi, di una intensa criticità moderna. Le trasmissioni di Radio Aut sono un esempio straordinario di controinchiesta e di controiformazione.
Il trentennale è l'occasione per riflettere sul suo pensiero e sulla sua iniziativa anche, quindi, per evitare di farne un mito astratto. Peppino è stato un militante della "Nuova sinistra" come ci ricorda Umberto Santino, da Lotta Continua alla candidatura con Democrazia proletaria, in polemica aspra con il partito comunista del compromesso storico, che vedeva la mafia solo come fenomeno dell'arretratezza dello sviluppo. Peppino pensava, invece, che il neoliberismo fa bene alla mafia. Lottò con i contadini, con gli edili, unendo lotte sociali e impegno culturale. La sua antimafia correva nel solco della lotta di classe, di massa, dei braccianti, delle lotte contadine non del conformismo, della legalità formale e del sistema di relazioni politiciste. La sua analisi delle mafie, partendo dalle elaborazioni di Mario Mineo, figura di straordinario rilievo teorico, seppe guardare ad esse non come fenomeno terroristico legato a nicchie di arretratezza, ma come parte integrante dei processi accumulazione del capitale, capace di adattarsi ai mutamenti dei contesti strutturali e di contrattare, di volta in volta, il potere con le rappresentanze politiche.
È anche in questa percezione critica il motivo dell'attualità di Peppino. Anche ora, infatti, la maggioranza delle forze politiche tende ad illustrare, come fa ad esempio la relazione dell'antimafia del 2001, la mafia come gangsterismo, per celarne la sua internità alla politica, all'amministrazione, alla finanza, ai processi internazionali della globalizzazione liberista. Parlano di una mafia virtuale che non esiste per puntare l'attenzione investigativa solo sulle campagne sicuritarie contro i migranti. L'antimafia sociale è, allora, costruzione di presidi democratici, connessione fra lotta democratica e sociale; è antimafia in movimento, dentro l'organizzazione della conflittualità sociale, come ci insegnò Pio La Torre. Le mafie si sconfiggono attaccandone beni, ricchezze, profitti, individuando un nuovo spazio pubblico. E' indispensabile rilanciare i meccanismi, su cui l'associazione "Libera" tanto lavora, di sequestro e confisca di beni mafiosi; facendo lavorare le terre confiscate alle mafie attraverso una destinazione d'uso sociale cooperative di giovani e ragazze che, insieme, lottano le mafie ed agiscono una occupazione di qualità. Peppino fu precursore del movimento altermondialista: lottava «per un altro mondo possibile».
27 commenti:
Ancora una volta ribadisco che secondo me per questo aspetto i media esteri ritagliano una veritá decisamente piú vera ed oggettiva rispetto a quelli italiani, non hanno paura di dire che la mafia é impastata in tutte le pubbliche amministrazioni italiane. In Italia un'affermazione del genere significa rinunciare alla "libertá" per il resto della vita. L'informazione in questi casi é l'arma piú potente ed é impressionante notare il meccanismo di disinformazione che viene messo in atto per tapparla.
all'epoca la sua morte passo quasi sotto silenzio offuscata dal delitto moro, ho visto il bellissimo film e mi sono commossa moltissimo
un pezzo completo e ineccepibile.
Importante ricordare, prima che anche questa vicenda e questo personaggio cadano nel più bieco revisionismo...
Sono contenta che questo ragazzo sia ricordato da più blog... Ciao Giulia
la sua ribellione non smetterà mai di vivere, questa non sono riusciti a ucciderla...
anche io ho postato Peppino oggi, le persone come lui non vanno mai dimenticate...
Ho adorato I CENTO PASSI e il mito di Peppino Impastato, e la frequentazione di amici quasi esclusivamente sicilani -i quali mi hanno spiegato anche tanti retroscena di quella vicenda- ha contribuito a rafforzare questo sentimento.
Sono anche riuscito a recuperare le trasmissioni di "Radio Aut", e mi hanno molto impressionato.
Non so perchè, ma a me la frase del film che torna subito in mente è quella dell'amico che lo cerca -invano- verso la fine e chiede ad un altro amico:
"Dov'è Peppino? E' importante..."
Il merito del film è stato, nonostante le semplificazioni, quello di rendere nota la sua straordinaria storia. Non so se potrei mai trovare in me tutto quel coraggio, nonostante non tolleri le ingiustizie di qualsiasi entità.
Ciao Franca e grazie per aver postato su Peppino Impastato. Il film purtroppo non l'ho visto; devo trovarlo per vederlo...
Chiudo con questa frase salutandoti ;-)
"Mio padre, la mia famiglia, il mio paese! Io voglio fottermene! Io voglio scrivere che la mafia è una montagna di merda! Io voglio urlare che mio padre è un leccaculo! Noi ci dobbiamo ribellare. Prima che sia troppo tardi! Prima di abituarci alle loro facce! Prima di non accorgerci più di niente"!
Peppino Impastato
Oggi ho trovato tanti ricordi di Peppino, e ne sono (se così si può dire) contento. E' il segno che qualcosa è rimasto. Molto più silenzio nei media tradizionali. Peccato. :-(
Continua a farmi impressione il fatto che ogni anno, anche in questo trentennale, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro copre e annulla la morte di Peppino Impastato. Si tende a cercare di far dimenticare le vittime di mafia, soprattutto quelle così scomode, quelle che parlavano a voce alta.
Ogni anno a Cinisi viene organizzato un campeggio di tre o quattro giorni, dove si parla di antimafia, si parla di politica e, perchè no, la sera si fanno bei concerti. La sua voce continua a fare rabbrividire anche chi è meno sensibile. Ed è su questo che contiamo tutti. Sull'attualità delle sue parole. E sulla memoria di Peppino. Uno di noi.
Trent'anni non bastano per dimenticare, anche se - come scrive Zefirina - la sua morte è sempre stata offuscata dal delitto Moro.
Grazie Franca per questo tuo post, commovente, straziante, necessario per ricordare.
Come sempre i tuoi post colpiscono.
Oggi è la giornata della memoria , ma nonostante, qualcuno nei giornali e nei media abbia ricordato Peppino Impastato troppo poco spazio è stato dedicato alla sua memoria ed alle sue battaglie.
Grazie per averlo fatto.
Mi chiedo, quante volte ancora qualcuno dovrà percorrere cento passi per conoscere un mondo migliore
Ho visto il film un paio di anni fa e mi ha veramente colpito, non credo servirebbero ancora parole per capire cos'è la mafia, basta guardare la vita vissuta delle persone come Impastato, sappiamo bene cos'è la mafia ma vedremo davvero mai qualcuno contrastarla seriamente senza finire ammazzato?
Solo ieri ho avuto tempo per leggere questo bell'articolo che da un paio di giorni tenevo sul comodino, oggi lo ritrovo scorrendo le pagine del tuo blog e lo apprezzo una seconda volta.
Credo che Liberazione in questo caso raccontando in questo modo di Peppino abbia fatto Giornalismo con la maiuscola, cosa che sempre più di rado accade sulla carta stampata ...
Parlando di "offuscamenti", ricordo che nello stesso periodo in cui uscì I CENTO PASSI riuscii a vedere al cinema (di mattina, con la scuola, dopo un incontro degli studenti con Nichi Vendola!) un altro bel film sullo stesso tema: PLACIDO RIZZOTTO. Mi dispiace che non abbia avuto lo stesso successo del primo, perchè -oltre all'importanza del personaggio- si tratta anch'esso di un film dalla forte carica visiva ed emotiva.
Consiglio vivamente di recuperarlo.
complimenti per aver ricordato peppino in un giorno in cui aldo moro sembra essere l'unico degno di memoria.
volevo segnalarti l'ultima iniziativa di emergency adotta un ospedale. ho fatto un post a riguardo.
tommi
brava Franca per aver ricordato Peppino Impastato e non il solito Moro, il cui cadavere fu ritrovato lo stesso giorno dell'omicidio di Peppino per una strana coincidenza....
...e c'è chi dice che non fosse poi tanto una coincidenza...chissà...
"La mafia è una montagna di merda"
Il grande Peppino amava dire queste parole...
Grazie Peppino per aver insegnato a tutti che dobbiamo ribellarsi a questa "merda"...
Hanno sbagliato due volte ad ucciderlo.
Primo: si sono macchiati di un crimine orrendo, ma questo forse a loro non importa.
Secondo: l'hanno reso eterno.
Grazie per il ricordo:-)
Un pezzo davvero completo e non retorico, come troppo spesso invece certe persone vengono ricordate in anniversari vari. Una retorica che troppo spesso offusca la critica ad un sistema, senza la quale ogni lotta alla mafia non può che risultare inutile.
Un doveroso ricordo per non dimenticare un eroe vero e non fasullo come Mangano.
Un ricordo che ci serva come monito per renderci conto che dopo trent'anni poco si è fatto, poco o nulla le istituzioni hanno saputo fare, per tentare di debellare un fenomeno così radicato come quello mafioso e più in generale come quello della criminalità organizzata.
Ciao Franca, io ho ricordato Moro, ma ho un articolo pronto su Peppino che pubblicherò il prima possibile (o oggi o domani).
Grazie anche a te per la visita
franca, ti andrebbe uno scambio di link?
un uomo vero, che merita questo bellissimo ricordo!
Quando penso a Peppino penso a un fratello, uguale a me nella sensibilità, nei sogni, nel modo di concepire la vita.
Sono stata a Genova sabato e l'angoscia, che sempre mi prende nelle vie di questa città che amo tanto, si è sciolta in una grande ondata di calore a vedere che su ogni muro c'era un "Carlo vive". Anche Peppino vive. In quel "Carlo" è condensato tanto sacrificio quando amore utopico e perfetto. Il nostro centro sociale avrebbe dovuto chiamarsi "radio aut", ce ne restano non solo le magliette, ma anche l'energia, la voglia di cambiare che nessun arma, neanche la televisione, può uccidere.
Peppino Impastato è stato uno di quei personaggi che mi hanno segnato profondamente. Come Pasolini sapeva comprendere i mali della sua epoca e come Pasolini è stato ucciso perchè smettesse di osservare, capire e parlare. L'Italia continua ad uccidere le proprie coscienze critiche. Una volta lo faceva con le bombe e coi manganelli, adesso basta tappare le bocche, comprare tutti i megafoni perchè gli altri non li usino.
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