giovedì 21 maggio 2009

L'asse del bene

INIZIATIVA AD AGUGLIANO

L'ASSE DEL BENE
con Fulvio Grimaldi

Venerdì 22 maggio 2009 ore 21,00
Sala polivalente Centro commerciale Socopad

Ottima riuscita dell'iniziativa!

Numeroso il pubblico presente
che ha mostrato un grande interesse per i temi trattati.

sabato 16 maggio 2009

“Papi”, Veronica e l’ipocrisia della Chiesa

Gli aspetti privati dello scontro a casa Berlusconi non ci interessano.
Diversa è la questione quando la signora Veronica accusa il marito di atti e di scelte che in qualsiasi altro paese europeo, anche laddove non si prega, aprirebbero una crisi di proporzioni devastanti.
Non si tratta, infatti, di giudicare i comportamenti privati, ma di valutare gli atti di chi in pubblico dice una cosa per conquistare i consensi e in privato ispira i propri comportamenti a ben altro stile di vita. Questo tipo di doppiezza ha portato alla caduta politica di Clinton, questo tipo di doppiezza è sanzionato moralmente in tutti quei paese nei quali non si lanciano crociate contro le unioni di fatto, contro i diritti degli omosessuali, contro le tante famiglie Englaro che, in Italia, sono state letteralmente oltraggiate da una inedita alleanza tra la parte peggiore del trono e dell’altare.
Delle vicende private di Silvio e di Miriam, come ci ha scritto Ottavia Piccolo, ci interessa poco o nulla, ma il risvolto pubblico ci interessa e non poco.
Nelle parole della signora Berlusconi ci sono accuse non rimovibili, se non con risposte pubbliche e chiare. ”Mio marito frequenta le minorenni…”, rappresenta una frase pesante come un macigno, lo sarebbe per chiunque, figurarsi per un presidente del consiglio in carica. Lo è ancora di più per un presidente che si è definito il papà delle famiglie, il defensor fidei, colui che si oppone all’avanzata dei nuovi barbari che vogliono distruggere la famiglia tradizionale.
Noi non parteciperemo al finto referendum tra gli amici di Silvio e quelli che tifano “...per la compagna Veronica..”. Questa modalità di discussione ci fa orrore ed è funzionale alla trasformazione di una delicatissima questione etica e politica in una puntata del Grande Fratello o di Amici.
Quello che ci sorprende, e lo diciamo con grande rispetto e con un certo imbarazzo, è il silenzio quasi assoluto di quanti, e tra questi non pochi esponenti della Chiesa cattolica, hanno trovato il modo di far sentire la loro voce contro il papà di Eluana Englaro, contro Prodi che non difendeva la famiglia italiana, contro il cosiddetto relativismo etico e ora non trovano il tempo di dire una sola parola contro il relativismo dei comportamenti degli atei non più devoti.
Non sappiamo come andrà a finire tuta questa storia, probabilmente un plotone di esecuzione mediatico riuscirà a polverizzare le ragioni della signora Veronica e a restaurare l’immagine di San Silvio, protettore della bella famiglia italiana, ci auguriamo solo che dopo essere riuscito ad ottenere dal Parlamento il lodo Alfano che lo tutela dal codice civile e penale, non riesca ad ottenete da una chiesa troppo benigna anche una modifica dei dieci comandamenti...

Giuseppe Giulietti

(MicroMega 4 maggio 2009)

lunedì 11 maggio 2009

Porta la sporta!


Ho letto sul blog "Solleviamoci" di questa iniziativa e nonostante i tanti impegni della campagna elettorale, che non mi permettono di passare dai blog degli amici con la consueta frequenza (scusatemi!!!), non posso fare a meno di rilanciare.



Perchè?

Perché usare per pochi minuti un oggetto che può durare anche cento anni ?
Stiamo parlando del sacchetto di plastica che spesso ci viene dato “gratuitamente “ma per cui tutti paghiamo un caro prezzo!
  • Costituisce un’inutile spreco di risorse energetiche non rinnovabili, deriva dal petrolio
  • Deturpa e inquina per centinaia di anni ogni luogo del pianeta
  • Per opera di agenti naturali e attraverso scarichi e corsi d’acqua raggiunge mari e oceani dove diventa un serial killer.

I sacchetti uccidono ogni anno oltre centomila esseri viventi: mammiferi marini, tartarughe, uccelli… che li inghiottono scambiandoli per cibo o che vi rimangono intrappolati morendo per fame o asfissiati.

ORA LO SAI, PARTI DA QUESTO PICCOLO GESTO PER MODIFICARE STILI DI VITA INSOSTENIBILI, FAI UN USO INTELLIGENTE DELLE RISORSE DEL PIANETA

FAI COME NOI, SEMPRE E OVUNQUE PORTA LA SPORTA!

giovedì 7 maggio 2009

A Sinistra per Agugliano

Dopo aver individuato il capolista nella figura di
FRANCA BASSANI
persona di grande competenza e fiducia proveniente da un’esperienza decennale in cui ha messo tutta la sua passione al servizio dell’amministrazione comunale di Agugliano, il Comitato elettorale ha elaborato il simbolo e scelto il nome della lista.

A SINISTRA PER AGUGLIANO:
questo è il nome con cui ci presentiamo ai cittadini alle elezioni amministrative del 6 e 7 giugno 2009.

Per consentire a tutti coloro che si riconoscono nei valori e nell’identità politica della sinistra di dare il proprio apporto alla stesura del programma amministrativo di mandato, non faremo le classiche assemblee di quartiere, ma vi invitiamo a partecipare agli incontri del Comitato elettorale che si riunirà ogni GIOVEDI’ alle ore 21,00 presso i locali della sala polivalente sopra il Centro commerciale SOCOPAD.

Ci auguriamo di poter arricchire il nostro programma grazie al vostro contributo affinché domani Agugliano diventi un paese migliore, UN PAESE UGUALE PER TUTTI

venerdì 1 maggio 2009

Un 25 Aprile di lotta contro l’indifferenza

Non riesco a gioire della condivisione del 25 Aprile in quest’anno 2009, con un presidente del Consiglio che getta all’amato popolo (in primis quello della martoriata terra d’Abruzzo, divenuto il suo palcoscenico principale) la ciambella della sua partecipazione per la prima volta a una cerimonia di commemorazione della sconfitta dal nazifascismo, e della vittoria della Resistenza. Non riesco a compiacermi delle dichiarazioni fasulle o stonate dei Maroni e dei La Russa, e neppure di quelle più serie del solito Fini. Non riesco ad accettare l’idea di una Resistenza “condivisa”, pur apprezzando le parole di Napolitano che ricorda il contributo determinante, e non già folclorico, come ci vorrebbero far credere i Pansa di oggi, sulla scia dei Pisanò d’un tempo, del movimento partigiano alla liberazione del Paese, al suo riscatto morale, alla sua indipendenza nazionale. E voglio ribadire che non solo non si può pretendere che, neppure a oltre 60 anni di distanza, la memoria dei carnefici sia “condivisa” dalle vittime (e viceversa), ma che sarebbe sbagliato sul piano storico. La condivisione passa non attraverso la memoria, bensì la storia. E la storia è racconto di fatti realmente accaduti, e susseguente riflessione sui loro perché, sui loro fini, sulle motivazioni degli attori, sui contesti e così via.
La storia del biennio 1943-1945 ci dice che ci sono state ragioni giuste e ragioni sbagliate, e che confondere la moralità degli individui che combattevano – gli uni contro gli altri – con la moralità delle cause che li spingevano a combattere, è sbagliato e fuorviante. Ci sono stati i “ragazzi di Salò”, che, in buona fede, in nome di una malintesa fedeltà al capo, al venerato Duce, ritenuto invincibile guerriero e padre protettore della famiglia italiana, hanno servito a Salò; i migliori tra loro – tra i quali alcuni nomi oggi sono assai noti: da Dario Fo a Giorgio Bocca – compresero ben presto da quale parte stesse la verità e la giustizia, e passarono alla Resistenza. O comunque disertarono dall’esercito di Salò, in cui, peraltro, si era reclutati a viva forza, se non si trovavano scappatoie. Il movimento partigiano fu spontaneo, e popolare, anche se frutto di minoranze: ma quelle minoranze non avrebbero potuto operare senza il consenso, attivo o passivo, di stragrandi maggioranze di popolazione. Come i manuali di guerriglia insegnano, il guerrigliero è il pesce, la popolazione civile è l’acqua in cui esso si muove.
“Se avessero vinto loro…?”, - così replicò Norberto Bobbio a Renzo De Felice e a un manipolo di fedeli dello storico revisionista, che mettevano in questione il valore della Resistenza, pronti ad assegnare agli uni e agli altri una patente di patriottismo. Se avessero vinto loro: ecco la questione da cui partire, e con la quale dobbiamo dirimere il melenso chiacchiericcio, anche quando assume toni esacerbati, sulle celebrazioni del 25 Aprile. Se avessero vinto loro, invece che i partigiani… Questo dobbiamo scolpire a lettere indelebili nella nostra mente e nel nostro cuore: come sarebbe andata se avessero vinto i nazifascisti. Oggi, da troppe parti – compresa l’Unione Europea – si pretende di porre sullo stesso piano fascismo/nazismo da una parte, comunismo dall’altra, accomunati in una condanna generica quanto generale. Ebbene, il 25 Aprile ci dice che sono stati innanzi tutto i comunisti – gli italiani nella lotta partigiana, ma anche di altri Paesi, a cominciare dai Russi (che hanno pagato il prezzo più altro alla macchina da guerra hitleriana) –, a lottare contro il nazifascismo. E, aggiungo, in Italia, furono i comunisti del vituperato Togliatti a dare un contributo decisivo alla costruzione della Repubblica democratica, dalla Costituente in poi. Negare questa verità acclarata dai documenti significa fare del volgarissimo “rovescismo”. Come continuare a parlare di “guerra civile” per riferirsi al biennio ’43-45 significa dire un pezzo di verità, non certo tutta. E un pezzo di verità è una menzogna. Giacché, come ci ha insegnato tutta la migliore storiografia – Claudio Pavone per tutti – in quei mesi dal settembre ’43 all’aprile ’45 coesistettero tre guerre: una guerra di liberazione nazionale (italiani contro tedeschi), una guerra sociale (classi subalterne contro i ceti privilegiati, favoriti dal regime mussoliniano: il famoso “vento del Nord”, ossia la speranza di un radicale cambiamento sociale), e, infine, una guerra civile (ossia italiani, antifascisti, contro italiani, fascisti).
Dunque, la guerra civile fu soltanto una dimensione di quel conflitto drammatico, e insistere su di essa, significa mentire, oltre che banalizzare. O se proprio si vuole tollerare quell’etichetta di guerra civile la si intenda come faceva Franco Antonicelli, indimenticato presidente del CLN Piemontese, il quale commemorando il 25 Aprile, nel suo primo anniversario, il 1946, ebbe a dire che si era trattato di una guerra “che, oltre ad essere militare e anzi prima che fosse militare, fu civile, e cioè moto di cittadini, d’ogni classe sociale, d’ogni età e di entrambi i sessi”. Sì, davvero: se l’Otto Settembre è stato tutt’altro che “la morte della patria”, la sua riscoperta in senso democratico, dal basso; il 25 Aprile è stato il punto conclusivo di quel processo cominciato dall’Armistizio e dal primo formarsi delle bande partigiane. Ancora Antonicelli, l’anno dopo, il 25 aprile 1947, denunciava nel discorso ufficiale l’esistenza di “un’altra Italia”, quella che aveva lucrato col fascismo e che “non ama queste memorie e si affatica solo nel tentativo di distruggerle con la calunnia”.
Ebbene, noi, non solo dobbiamo insistere sulla gratitudine a quanti allora fecero la scelta più dura, e si sacrificarono per il bene comune; oggi, noi dobbiamo, in senso più generale, vedere nel 25 Aprile un invito a lottare contro quel “peso morto della storia” che, per dirla con il giovane Antonio Gramsci, è l’indifferenza. In un articolo folgorante del febbraio 1917, Indifferenti, egli lanciava un grido di sfida: “Odio gli indifferenti. Credo … che vivere vuol dire essere partigiani”. E chi più di coloro che – da operai, insegnanti, ferrovieri, postelegrafonici, tipografi, casalinghe, impiegati… – si trasformarono nella diffusa armata della Liberazione d’Italia, sono stati “partigiani” in questo senso? A loro dunque, con o senza il beneplacito del politico al potere, dobbiamo non soltanto rendere onore; dobbiamo soprattutto prenderli ad esempio. Ed essere pronti ad essere partigiani – nel significato che ciascuna epoca e situazione potrà determinare –, per combattere contro quel peso morto della storia che è l’indifferenza.

Angelo d'Orsi su MicroMega del 25 aprile 2009