sabato 24 marzo 2012

Perchè cancellano l'articolo 18

Perchè cancellano l’articolo 18
di Giorgio Cremaschi

Un industriale torinese nel passato ripeteva ad ogni assemblea dell’Unione industriali che bisognava abolire l’articolo 18, perché voleva in mano una pistola con il colpo in canna. Io poi non la uso, diceva, perché non mi piace licenziare, ma i lavoratori devono sapere che quella pistola ce l’ho.

Questa è il significato dello smantellamento dell’articolo 18 deciso dal governo con la scandalosa copertura del Presidente della Repubblica. L’articolo 18 viene semplicemente cancellato. Infatti i licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, costituzione, italiana, europea, internazionale. Ed è uno dei tanti falsi del governo che con questo provvedimento questo divieto sia esteso sotto i quindici dipendenti. Esso c’è sempre stato, ma non ha mai agito per la semplice ragione che nessun padrone è così stupido da licenziare per esplicita discriminazione personale, ideologica, razziale.

Su tutti gli altri licenziamenti, quelli veri, salta la copertura dell’articolo 18. Naturalmente salta per chi ce l’aveva, cioè per circa 8 milioni di lavoratori dipendenti. Non un piccolo numero, quindi. Ed è ridicolo questo balletto attorno all’applicazione della nuova legge nel pubblico impiego. E’ ovvio che sarà così, perché tutte le amministrazioni pubbliche, in un modo o nell’’altro, hanno applicato lo Statuto dei lavoratori. Quindi se questo viene cambiato ne assumono automaticamente anche le modifiche.

Ma tutto questo fa parte di quel misto di incompetenza, arroganza, sfacciataggine che oggi contraddistingue l’operato del ministro Fornero e del suo Presidente del Consiglio. L’articolo 18 è la reintegra del posto di lavoro, senza di essa il licenziamento è libero.

E’ utile ricordare che una legge contro la libertà di licenziamento c’era già prima dello Statuto dei lavoratori, è la legge 604 del 1966, legge che prevede il solo indennizzo in caso di licenziamento ingiusto. E’ stata proprio l’inefficacia di questa legge a indurre il Parlamento a introdurre quell’istituto della reintegra che il governo oggi smantella in forma brutale e truffaldina. La reintegra viene abolita del tutto per i licenziamenti cosiddetti economici. In un periodo di crisi, di ristrutturazione, di esternalizzazioni, di tagli comunque definiti, questo significa licenziare a piacimento. “Alla prima che mi fai, ti licenzio e te ne vai”, diceva una vecchia battuta degli anni Trenta.

Anche il cosiddetto modello tedesco, che viene applicato ai licenziamenti disciplinari, cambia in maniera profondamente negativa lo Statuto. In questo caso, ammesso che il padrone sia così sciocco da usare questo strumento visto che può adoperare l’altro, quello economico, senza più alcun fastidio, spetta al giudice decidere se reintegrare il lavoratore o dargli una semplice compensazione della perdita del posto. Ora questo non è possibile. Nel caso di licenziamento ingiusto il giudice obbligatoriamente deve reintegrare il lavoratore. Quest’ultimo può anche decidere di transare economicamente con l’azienda, ma lo fa dopo che è stato riconosciuto il suo diritto al reintegro.

Se dovesse passare la nuova normativa, sarebbe il giudice a decidere tutto e dovrebbe essere il lavoratore a dimostrare che il licenziamento è così particolarmente ingiusto, da richiedere la sanzione della reintegra. Insomma, si avrebbe una sorta di inversione dell’onere della prova. Oggi è il padrone che deve dimostrare che ha licenziato giustamente, domani sarebbe il lavoratore a dover dimostrare che è stato ingiustamente licenziato. E’ lo scasso definitivo del sistema di tutele garantito dallo Statuto dei lavoratori. Così, in piena crisi economica, si sanziona un terribile squilibrio nelle imprese a favore di chi comanda, un ricatto permanente sul potere e sui diritti ancora esistenti. Con questo provvedimento tutto il mondo del lavoro diventerebbe precario, alla faccia della lotta alla precarietà.

Che la scelta del governo sia gravissima, profondamente antisociale e antidemocratica, di destra, lo sta finalmente comprendendo una vasta parte del paese. Si può dire che per la prima volta il governo Monti incontri un ostacolo, una risposta, una vera contestazione. Questo nonostante le incertezze e le ambiguità delle confederazioni sindacali, lo stato confusionale del Partito democratico, la debolezza delle opposizioni e la forza preponderante del potere mediatico e istituzionale a favore del governo. Per la prima volta monta una rivolta nel paese che sta sommando tutte le ingiustizie di questo governo delle banche e comincia a presentare a Monti il conto del proprio spread di diritti, sicurezze, condizioni di vita. Per questo bisogna andare avanti.

La manifestazione del 31 marzo a Milano è un primo appuntamento per dire no a questo governo e per costruire una risposta in grado di durare. Poi ci sarà lo sciopero generale, poi ci dovranno essere altre ed estese mobilitazioni. Non dobbiamo fermarci. Finalmente una parte importante del paese comincia a capire chi è, cosa vuole, perché bisogna a casa Monti. E’ il momento di diffondere ovunque questa presa di coscienza.

sabato 10 marzo 2012

A destra della destra

di Stefano Galieni

Ne ha fatta di strada Rutelli Francesco.
Verde, radicale, margherito (Lusi compreso) democratico, terzopolista, prima laico mangia preti e ora fervente baciapile.
Su un principio è stato però coerente, si è candidato ad ogni poltrona possibile ed immaginabile.
Da sindaco di Roma coltivò il giardinetto dei quartieri dell’alta borghesia lasciando in malora le periferie. Lo si votò per non avere Fini sindaco.
Cercò invano di divenire premier poi ricercò la poltrona del Campidoglio aprendo col solo suo nome e con i ricordi che evocava la strada al peggior sindaco che la Capitale abbia mai avuto, Gianni Alemanno.
Senza incarichi di prestigio non poteva resistere e mentre col grigiore dei capelli aumentava la sua inettitudine e l’eterna mediocrità che lo ha contraddistinto in ogni gesto si ritenne offeso “basta mangiare pane e cicoria” ebbe la sfrontatezza di gridare.
Ahi sti ricordi alla luce del giro di quattrini scomparsi al tempo dei Dl (nome nobile della Margherita), e allora fonda un partito nuovo dal nome modesto “Alleanza per l’Italia, perennemente sovrastimato nei sondaggi e pronto ad insinuarsi nel duo Casini Fini come terza spalla.
Si con Fini il suo antico avversario, capace oggi di scavalcarlo a sinistra in materia di diritti civili. L’ex delfino di Almirante non si scandalizza infatti pensando ad unioni civili, considera necessaria l’estensione del diritto di cittadinanza ai migranti nati e cresciuti in Italia.
E Rutelli? L’uomo buono che adotta i bambini del “terzo mondo”, il pio e devoto seguace di Santa Madre Chiesa, già da anni coltivava il sogno di occupare uno spazio che rischia di restare vuoto, quello del “razzismo democratico”. Già ai tempi della preparazione del programma dell’ultimo governo Prodi ebbe a dire:«Con la proposta di riforma delle leggi sull’immigrazione di questo governo si creeranno cittadini di serie A, gli immigrati e di serie B gli immigrati». Ma l’uscita sul Giornale berlusconiano rappresenta un ulteriore punto di caduta: “No alla cittadinanza per gli immigrati nati in Italia. Lampedusa si riempirebbe di donne in stato di gravidanza pronte a sfruttare la situazione” ha detto in sostanza, spiazzando anche il povero (si fa per dire) Borghezio. Difficile prevedere se sta lavorando per la costruzione di una sezione romana della Lega Nord, se cerca i voti di Forza Nuova, facile dire che non esistono margini etici per pensare a qualsiasi accordo, di ogni ordine e grado con un partito guidato da un leader del genere

giovedì 8 marzo 2012

Consiglio comunale del 01/03/2012


Pubblico cronicamente scarso.



Sui verbali delle sedute precedenti ci siamo astenuti in quanto non erano ancora pubblicati sul sito.
Il secondo punto ha riguardato le dimissioni, per motivi personali, del Consigliere Dante Tamburo che è stato sostituito da Marco Fabbietti.
Abbiamo votato contro al programma annuale delle collaborazioni in quanto l'importo ha superato il limite previsto dalla legge n. 122/2010.
Al termine della seduta sono stati consegnati alcuni diplomi ai volontari della Protezione Civile per il loro lavoro durante l'emergenza neve.