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lunedì 8 febbraio 2010

Scuola pubblica (e Costituzione) demolizione in corso

di Michele Martelli - da Micromega online

In pieno fervore i lavori di Berlusconi III per la demolizione della scuola e dell’istruzione pubblica a favore della scuola e dell’educazione cattolica. Costituzione della Repubblica italiana: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge» (art. 8); «Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato» (art. 33). Se il governo privilegia la religione cattolica e ne finanzia le scuole, non tutte le religioni sono uguali davanti alla legge. Ce n’è una, la cattolica apostolica romana, che è più uguale delle altre. Palese la violazione della Costituzione. Che, sottoposta alle ruspe della ditta dell’Unto del Signore, continua a perdere pezzi da tutti i lati. Come un edificio in stato di demolizione.

L’“Accordo di revisione del Concordato Lateranense”, firmato da Craxi e Casaroli il 18 febbraio 1984, fu una vittoria di Pirro per lo Stato italiano. In realtà, un colossale inciucio. E la parte dell’inciucista la fece l’inglorioso governo detto allora del Caf (Craxi Andreotti Forlani), non la Chiesa, che dell’accordo intascò utili e vantaggi. La religione cattolica, è vero, perse il privilegio di essere (come dal 1929 al 1984) «la sola religione dello Stato italiano» (Protocollo addizionale dell’Accordo, art. 1), il che scaturì, più che altro, dall’inevitabile presa d’atto dei processi di secolarizzazione in corso nella società italiana (vittorie referendarie su divorzio, aborto ecc.).

Tuttavia la Chiesa, oltre a numerose facilitazioni e regalìe in campo fiscale (vedi l’otto per mille), conservò anche il privilegio dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) nella scuola pubblica.
L’Irc da obbligatorio quale era prima divenne opzionale, ma fu comunque garantito dallo Stato e con i soldi dello Stato, cioè di tutti i contribuenti (cattolici e non). In base all’Accordo, all’atto di iscrizione genitori e studenti avrebbero dovuto scegliere «se avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento [l’Irc], senza che la loro scelta possa dar luogo ad alcuna forma di discriminazione» (art. 9.2).

Ma la discriminazione ci fu. Innanzitutto, perché in alternativa all’Irc non fu mai programmato e organizzato nulla di serio; si poteva prestabilire per esempio un’ora di educazione civica e di studio della Costituzione. In secondo luogo, perché, merito all’Irc, l’Accordo attribuiva alle curie vescovili il potere di scegliere, seppure d’intesa con le autorità scolastiche, programmi, orari, libri di testo e profili professionali dei docenti, affinché l’insegnamento religioso fosse «impartito in conformità alla dottrina della Chiesa» (Protocollo addizionale , art. 5). Di fatto, i docenti, pagati dallo Stato, venivano nominati, con annesso potere di revoca, non dai provveditorati scolastici, ma dai vescovi. Così lo Stato sovrano cedeva, e cede tuttora, parte della sua sovranità alla Chiesa, ossia al Vaticano (da ricordare che a firmare il Concordato con Craxi non fu il presidente della Cei, ma il segretario di Stato vaticano).

Il governo di Berlusconi, santificatore di Craxi, più craxiano di Craxi, che fa oggi? Discrimina brutalmente chi decide di non avvalersi dell’Irc. E come? Abolendo la scelta. Non de iure, ma de facto. Già nell’ottobre 2008, la ministra Gelmini boicotta l’ora alternativa a quella di religione, facendo sapere di non aver soldi per i docenti: che ogni scuola provveda col “faidate”. Ma senza soldi (glieli aveva scippati Tremonti nella finanziaria 2008-2009, graziando la scuola cattolica), povera scuola pubblica, da te che fai? Dunque, niente (o quasi niente) ora alternativa.

In questi giorni un’altra novità. Dai moduli allegati alla nuova circolare ministeriale per l’iscrizione scolastica dell’anno prossimo, è sparita l’opzione «attività didattiche e formative» in alternativa all’ora di Irc. Si tratta di moduli palesemente illegali, che ignorano sia la Costituzione (art. 8, 33), sia lo stesso Concordato del 1984 (art. 9.2). Un espediente vile, apparentemente innocente e casuale, che toglie a genitori e studenti il diritto di scelta. L’Irc di fatto nuovamente obbligatorio, come dal 1929 al 1984? Chi non lo sceglie, parcheggiato nei corridoi?

Sulla scuola, ancora un’indicibile novità venuta da Tremonti. Vedere per credere: «Ministero dell'Economia e delle Finanze. Informativa 28 dicembre 2009, n. 166: Aumenti biennali docenti di religione»: 220 euro in più in busta paga ai 12 mila docenti precari di religione, a decorrere dal 1 maggio 2010, col recupero degli arretrati dal 1 gennaio 2003. E gli altri precari, con le loro sacrosante aspettative? Ignorati.
Informativa discriminante, ad personam, come le 19 leggi del premier per evitare i processi a suo carico. Il regno orwelliano spande la sua ombra ovunque.

Ma ricordiamoci che la Costituzione, con l’insieme delle sue istituzioni, scuola pubblica compresa, è la nostra casa comune. Perciò, difendiamola dai demolitori!

(27 gennaio 2010)

domenica 20 luglio 2008

La scuola per tutti è un lusso

Un colpo di mano - l'ennesimo - del governo Berlusconi contro la scuola pubblica e il diritto per tutti allo studio.
Una vera e propria restaurazione, di segno ad un tempo classista, censitario e (in)civile: l'obbligo scolastico che, con tante fatiche e battaglie, a partire dall'anno scolastico 2007-2008 era stato portato ai sedici anni torna ai quattordici.
Come nell'era della signora Moratti. Come vuole l'ideologia delle destre: la scuola è un lusso riservato ai figli delle classi dominanti, ai ricchi, a chi comunque se lo può permettere, per tutti gli altri è previsto un altro canale, di serie B o C, e la destinazione precoce, se va bene, a un lavoro malpagato, ricattabile, senza diritti.
Del resto, non è stato appena prevista la secca riduzione degli insegnanti, centocinquantamila in meno da qui al 2010? Quasi uno sterminio etnico passato pressoché sotto silenzio, o comunque sottovalutatissimo dalle "opposizioni visibili".
Ma vediamo di che si tratta.
Nella commissione bilancio della Camera, l'altra sera, è passato un emendamento di poche righe all'articolo 64 della Finanziaria (Decreto Legge 112).
Anche il divieto di assumere come garzoni o apprendisti ragazzini di 15 anni è stato, ovviamente, soppresso. Le conseguenze di questa restaurazione sono, e saranno, gravissime.
Intanto, si riafferma, ed anzi, si rilancia, una concezione spudoratamente classista della scuola. Mentre in quasi tutti i paesi d'Europa si va a scuola fino a diciotto anni, in Italia si torna ad un obbligo di appena otto anni: un'alfabetizzazione insufficiente a conquistare - per tutti - quell'alfabeto critico senza il quale si rischia, prima ancora di disoccupazione e precarietà, una condizione di sudditanza culturale e civile. Nella realtà, saranno sospinti in questa condizione sempre e solo gli ultimi: i più poveri, i meno provveduti, gli stranieri, i migranti, i rom. La folla di coloro che, inseguendo l'illusione di una qualifica "rapida" e di un lavoro purchessia, si rivolgono alle scuole di formazione professionale - e ne escono con un attestato con il quale diventano manodopera a buon mercato. Sfruttabile, ricattabile, poco utilizzabile nel tempo.
Insomma, dopo decenni di battaglie siamo sempre lì: il sapere non è un diritto universale, ma un privilegio che si tramanda, castalmente, di padre in figlio.

In secondo luogo, si perpetua una confusione inaccettabile tra formazione scolastica e formazione così detta professionale.
La prima deve - dovrebbe - essere a disposizione di tutti come dirittodovere di una cittadinanza matura: la sua ragion d'essere è, appunto, la crescita della persona, non l'orientamento al lavoro; così come il suo obiettivo generale è la lotta alle disuguaglianze sociali e di reddito (alla rimozione di quegli ostacoli che, come dice l'articolo 3 della nostra Costituzione, rendono inattuata e inattuabile l'eguaglianza dei diritti), non la professionalizzazione precoce.
Perciò la scuola ha da essere pubblica, unitaria, gratuita: perchè è un pezzo costitutivo, fondamentale, di ciò che chiamiamo democrazia.
La seconda, la scuola professionale, è un'altra cosa: serve, dovrebbe servire, a imparare un mestiere, non può comunque identificarsi con la formazione tout court. (Per altro, in Italia esso è affidato alle regioni e, di fatto, alle organizzazioni cattoliche: è un sistema spezzettato, caotico, diseguale, attorno al quale ruotano una marea di soldi e di interessi).
Il problema è quando finisce la prima e quando comincia la seconda.
Quand'ero
ragazzina, la divisione avveniva subito. Finite le elementari, c'era chi (tramite un esame molto selettivo) accedeva alla scuola media (quella con il latino) - ed erano tutti (e solo) i figli dei borghesi, più qualche figlio del proletariato che "se lo meritava". Gli altri, i più, se continuavano a studiare, andavano alle "commerciali" e alle "industriali" (i maschi) o alle "professionali" (le femminucce).
Poi, come è noto, venne la riforma-clou del primo centrosinistra, la scuola media unica. Una riforma che ha mutato il volto del paese, dal punto di vista della democrazia sostanziale. Allora, come oggi, l'intuizione era chiara: battere ogni ipotesi, e ogni pratica, di canalizzazione precoce, quella che separa chi è destinato ad accedere al sapere da chi, la moltitudine, buttata nell'inferno del lavoro sovrasfruttato.

Infine, con una tale controriforma, non solo si nega nella pratica ciò che si era dichiarato a parole, ma si contribuisce molto attivamente ad una pesantissima regressione culturale e di civiltà. Non c'è analista, al mondo, che non sappia, oggi, che, al ritmo attuale dell'innovazione tecnologica e scientifica, non c'è nessuna formazione "specifica" che possa reggere davvero nel tempo - un tema che, a diversi livelli, vale dall'asilo all'università. Tutte le competenze concrete, o quasi, insomma, diventano rapidamente obsolete nel giro di pochi anni.
E dunque? Dunque, un sistema dell'istruzione utile, oltre che democratico, è quello che insegna, se così si può dire, ad imparare: fornisce le basi essenziali dell'apprendimento, gli strumenti generali, i codici evolutivi - non le singole nozioni peculiari di una professionalità di basso profilo. Dunque, non sono soltanto cattivi: sono anche stupidi. Lavorano, certo senza saperlo, alla "comune rovina delle classi in lotta". Alla regressione della civiltà.


di Rina Gagliardi - Pubblicato su "Liberazione" del 19 luglio

mercoledì 7 novembre 2007

Fioroni e la scuola privata

Il bilancio della scuola privata dopo un anno e mezzo di centro-sinistra e di ministero Fioroni può dirsi sicuramente positivo.
A ricordarlo, in una lettera datata 9 settembre 2007 e indirizzata agli istituti parificati, è proprio il Ministro.
"Colgo l'occasione del nuovo anno scolastico per aggiungere agli auguri, un primo consuntivo degli interventi realizzati nel 2007 per le scuole private.
Come sapete assumendo le funzioni di questo ministero ho dovuto prendere atto di alcune misure restrittive assunte nella finanziaria 2006 nelle scuole non statali e cercare di porvi rimedio".
In parole povere: l’attuale Ministro ha provveduto a sanare i tagli fatti dal governo Berlusconi.
"La legge finanziaria 2007 ha recuperato una prima tranche di 100 milioni di euro", mentre con il Consiglio dei Ministri del 28 giugno 2007 sono stati aggiunti altri "51.306 milioni di euro in sede di assestamento di bilancio".
Riassumendo, 151.306.000 euro sono stati reperiti dal centro-sinistra, per far meglio del centro-destra.
Ciò che Berlusconi ha tolto alle scuole private, il governo Prodi ha restituito.
La circolare poi continua: "Il 5 settembre il Consiglio dei ministri ha approvato il provvedimento legislativo che introduce in ordinamento innovazioni di vostro sicuro interesse"…"Sarà mia cura sostenere in parlamento l'interpretazione già data sull'applicazione all'intero sistema dell'istruzione", tra cui "la direttiva che fissa criteri per l'attribuzione di risorse aggiuntive alle scuole del sistema nazionale d'istruzione".
Una direttiva, cioè, che permetterà di dare nuovi contributi alle scuole private.
Fioroni ricorda che, grazie alla finanziaria dell'anno scorso, adesso sarà personalmente il Ministro con un proprio decreto a ripartire annualmente i fondi destinati alle paritarie; in questo modo vengono bypassate le Commissioni parlamentari competenti, come invece era stato stabilito dal Governo Berlusconi.
La Finanziaria 2007 ha previsto che i fondi destinati alle private vengano concessi con priorità a quelle senza fine di lucro, che generalmente vengono gestite da congregazioni religiose.
Il numero degli istituti che possono accedere ai fondi statali è stato ampliato dallo stesso Fioroni con un decreto ministeriale di maggio in cui si fissa la lista delle scuole paritarie che beneficeranno di finanziamenti statali: scuole paritarie senza fini di lucro, ovvero, associazioni, fondazioni, enti ecclesiastici di confessioni religiose con cui lo stato ha stipulato patti, imprese sociali, enti pubblici, cooperative e cooperative sociali.
Si favoriscono cioè le associazioni che stanno entrando con prepotenza nel mercato della scuola privata, perseguendo un preciso disegno culturale, come Comunione e Liberazione (vale la pena di ricordare la partecipazione del Ministro all’ultimo Meeting).
In un solo colpo Fioroni supera se stesso e Berlusconi.

venerdì 21 settembre 2007

Contestazioni a Fioroni

Il Ministro Fioroni è stato contestato a Napoli da insegnanti precari e genitori di bambini disabili all’inaugurazione dell'anno scolastico a piazza del Gesù.
Ad accoglierlo striscioni con su scritto «Diritti per tutti» o «Perchè non ci volete più?».
Il Ministro sul palco è stato preceduto dall’intervento di Antonio Rocchetti, presidente dell'associazione “Tutti a scuola”, che raggruppa i genitori di alunni disabili che ha detto: «Complimenti signor ministro per aver complicato la vita a milioni di italiani, per le originali intuizioni che avete inserito in finanziaria elevando il numero di alunni per classe e congratulazioni per aver reso sempre più complessa la certificazione della disabilità provando a far sparire i bambini disabili».
Fioroni è stato fatto oggetto anche di fischi da parte degli insegnanti precari, che hanno chiesto al Ministro un incontro pubblico e la pubblicazione delle graduatorie per gli incarichi annuali.
Nei giorni scorsi Rifondazione Comunista aveva pubblicato il seguente comunicato stampa.
"A pochi giorni dall’avvio del nuovo anno scolastico i tagli agli organici, attuati dal Ministero della Pubblica Istruzione, che colpiscono, in maniera particolare, gli insegnanti specializzati nel sostegno, rischiano di mettere seriamente in discussione il diritto allo studio per migliaia di ragazzi disabili.
Nonostante le minimizzazioni del Ministero le notizie che arrivano dai territori descrivono una situazione allarmante che parla di riduzioni generalizzate degli insegnanti di sostegno, in parte dovute alle nuove procedure per la certificazione dell’handicap e in parte legate a mere esigenze di risparmio.
Le associazioni che difendono i diritti dei disabili stanno provando a quantificare la politica dei tagli: il risultato sarebbe di ben 5000 insegnanti di sostegno in meno a fronte di un aumento del 5% degli alunni “certificati” con disabilità.
Sembrerebbe impossibile che questo governo, che pure ha alimentato grandi aspettative di cambiamento nel mondo della scuola, tenga in così poca considerazione la qualità dell’integrazione scolastica e del diritto allo studio per le persone disabili.
Eppure i dati confermano questa drammatica realtà che va a sommarsi alle mille difficoltà in cui versa l’istruzione pubblica nel nostro Paese (e che rendono ancora più odiosa l’annunciata estensione dei finanziamenti alle scuole private).
Per parte nostra e per tutelare i diritti degli alunni disabili nei prossimi giorni presenteremo un’interrogazione parlamentare e non esiteremo a sostenere e ad attivare ricorsi alla magistratura.
Non va dimenticato, infatti, che, negli anni passati, alla riduzione dei posti di sostegno imposta dal Ministero hanno fatto seguito le sentenze di più di un tribunale che hanno imposto all’amministrazione scolastica di assegnare agli alunni disabili il massimo delle ore possibili, così come indicato dalle relazioni dei servizi medici".

sabato 1 settembre 2007

Fioroni apre alla scuola privata

Il Ministro dell'Istruzione Fioroni, ospite del meeting di Rimini, ha aperto alla richiesta avanzata dal popolo di Comunione e Liberazione di attuare la parità scolastica tra istituti pubblici e privati.
“Abbiamo avviato un percorso che prevede la libertà nella e della scuola” - “È stato rafforzato dalla legge sulla parità scolastica e dal nuovo metodo di ripartizione delle risorse approvato dal Parlamento” ha detto Fioroni.
Non solo vengono messe a disposizione consistenti risorse per le scuole private, ma il finanziamento si estende per la prima volta anche alla scuola superiore. Invece, per le scuole statali non vengono recuperati i pesanti tagli economici effettuati dal precedente governo. Via libera, dunque, alle scuole private, mentre la scuola pubblica sembra destinata a vivere in una situazione drammatica.
Ma se l'articolo 33 della Costituzione italiana dice: “Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato”, come può allora un Ministro dello Stato affermare che i fondi alle scuole private possono arrivare sulla base della loro semplice esistenza?
Qualcuno potrebbe sostenere che le affermazioni del Ministro siano motivate dall'idea che la scuola italiana abbia bisogno di una buona dose di concorrenza per superare le tante inefficienze che presenta.

Forse più che di concorrenza, la scuola italiana avrebbe semplicemente bisogno di una maggiore attenzione ai suoi problemi strutturali.
Basterebbe poco: una seria selezione degli insegnanti, con incentivi e disincentivi, e dotazioni rilevanti e moderne.
Invece cosa arriva dal Governo? L'ennesimo provvedimento di sinistra...