martedì 22 maggio 2012

Nessuna obiezione ai diritti delle donne



Buon compleanno 194! 


Il 22 maggio 1978 venne approvata una legge che cambiò radicalmente la vita di molte donne: la legge 194 finalmente legalizzava le interruzioni di gravidanza, con l'obiettivo, in gran parte raggiunto, di ridurre drasticamente gli aborti clandestini.
A 34 anni di distanza quella legge è oggetto di fortissimi attacchi – ultimo in ordine di tempo la “Marcia per la Vita” sfilata a Roma lo scorso 13 maggio – da parte di un ampio, e purtroppo trasversale, fronte che vorrebbe forse tornare ai tempi delle mammane e del turismo abortivo.
Oggi come allora è necessario che i cittadini – non solo le donne – facciano fronte comune contro chi vuol far precipitare l'Italia in un buio medioevo dei diritti.
Martedì 22 maggio festeggiamo il compleanno della 194 e diciamo NO ai tentativi di svuotarla e renderla inoperativa, come l'abnorme diffusione dell'obiezione di coscienza.

domenica 20 maggio 2012

Spezziamo il silenzio




Migliaia di prigionieri palestinesi in sciopero della fame e nessuno ne parla: spezziamo il silenzio!

E' dal 17 aprile, Giornata dei Prigionieri Palestinesi, che nelle carceri israeliane migliaia di detenuti palestinesi digiunano per protestare contro il regime disumano cui sono sottoposti.
Sono circa 6.000 i prigionieri palestinesi detenuti in 17 carceri, compresi donne e bambini. 330 sono trattenuti in detenzione amministrativa senza che siano state avviate accuse formali contro di loro. La detenzione amministrativa può durare anche anni e può essere prorogata da una corte militare, senza che ci sia possibilità di appello.
E' superfluo ricordare come un simile regime carcerario violi tutti i trattati internazionali per i diritti umani. Tra i detenuti palestinesi, 28 sono membri eletti del Parlamento, tra cui tre ex ministri. Vi sono anche Marwan Barghouti, leader di Al Fatah, condannato a più di cinque ergastoli, e Ahmad Sa'adat, leader del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, condannato a 30 anni. Ad oggi metà dei prigionieri è entrato in sciopero.
Quello che chiedono con questo sciopero della dignità e della fame i detenuti palestinesi è solidarietà internazionale e riconoscimento delle loro richieste: 1) la fine della politica di isolamento che viene utilizzata per deprivare i prigionieri palestinesi dei propri diritti; 2) il permesso alle famiglie dei prigionieri provenienti da Gaza di visitare i propri parenti, diritto che viene negato da oltre sei anni; 3) il miglioramento delle condizioni di vita nelle prigioni e la fine della "legge Shalit" che vieta quotidiani, materiali di studio e canali tv; 4) la fine delle politiche di umiliazione a cui i prigionieri e le loro famiglie sono sottoposti: perquisizioni fisiche, raid notturni e punizioni collettive.
Dal 1967 ad oggi, si stima che almeno il 20 per cento della popolazione palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza abbia subito un arresto. La Quarta Convenzione di Ginevra relativa alla Protezione dei Civili in tempo di guerra all'articolo 76 recita che: "Le persone protette accusate di reati saranno detenute nel paese occupato, e se condannate, dovranno scontarvi la loro pena". Israele, in palese violazione di questo articolo, tiene questi prigionieri fuori dal territorio occupato; all'articolo 49 la Convenzione ribadisce: "I trasferimenti forzati, di massa o individuali, come pure la deportazione di persone protette fuori dal territorio e a destinazione della Potenza Occupante o di quello di qualsiasi altro stato, occupato o no, sono vietati, qualunque ne sia il motivo". All'articolo 32 si vieta esplicitamente "omicidio, tortura, punizioni corporali e ogni altra brutalità compiuta da agenti civili o militari": sono centinaia i prigionieri palestinesi morti a causa delle torture subite.
Nella giornata del 29 aprile Ahmed Sa'adat, detenuto nel carcere di Raymon, è stato trasferito in ospedale a causa dell'aggravarsi delle sue condizioni di salute per il prolungato sciopero della fame. Come lui, molti altri prigionieri sono allo stremo e vedono le loro condizioni di salute peggiorare giorno dopo giorno. Tutto questo accade nel perfetto silenzio dei media internazionali. Pochissimi giornali hanno riportato la notizia di questo grande sciopero della fame.
Vogliamo provare a spezzare questo silenzio e chiediamo a tutte le forze politiche italiane, alle associazioni, ai giornalisti, alla società civile italiana di non rendersi complici di questo silenzio. Lo facciamo con questo articolo e cercheremo ogni mezzo per superare la barriera del silenzio, quel muro di gomma contro cui sempre, da decenni, i palestinesi vedono infrangersi le loro ragioni. Vi chiediamo solamente di parlarne, vi chiediamo di informare l'opinione pubblica, vi chiediamo una presa di posizione. Questo è quanto vogliono e chiedono i prigionieri palestinesi dalla Comunità Internazionale. Questo è quanto ogni palestinese, della diaspora e in Palestina, vi chiede.

di Federica Pitoni - Mezzaluna Rossa Palestinese - Italia

domenica 13 maggio 2012

Diciamo NO allo spreco più grande


l governo italiano ha chiesto a noi cittadini di aiutarlo nella lotta agli sprechi segnalando via Internet quali sono secondo noi le spese inutili da tagliare. 
E noi segnaliamo lo spreco più grande: le spese militari che risucchiano ogni anno miliardi di euro dei nostri soldi.


Qualche esempio?

Guerra in Afghanistan: oltre 760 milioni in un anno 
Acquisto degli F-35: 15 miliardi nei prossimi anni 
Parata militare del 2 giugno: 10 milioni di euro nel 2011




I nostri politici, ‘tecnici’ e non, forse non hanno letto l’ultimo rapporto della Corte dei conti statunitense (il Gao) sul programma F-35 Joint Strike Fighter, reso pubblico lo scorso 20 marzo. O forse lo hanno ignorato, come hanno fatto del resto i mass media italiani.
Nel rapporto viene detto che i nuovi cacciabombardieri (di cui l’Italia vuole comprare 90 unità a un costo di almeno 10 miliardi di euro) sono gravemente difettosi e richiederanno modifiche progettuali che ne faranno lievitare ulteriormente i costi. Dalla lettura del documento del Gao emerge chiaramente che gli Usa, e noi alleati, stiamo gettando miliardi in un pozzo senza fondo per delle macchine che ancora non funzionano perché non collaudate”.
“Lo sviluppo dei sistemi che garantiscono la capacità di combattimento del Joint Strike Fighter rimane in ritardo e a rischio: ad oggi – si legge nel documento – solo il 4 percento dei requisiti sono stati verificati (…). I caschi dei piloti con i display integrati si sono rivelati il problema più rischioso (…). Altri problemi ci sono con i radar, con il processore integrato, con gli equipaggiamenti di comunicazione e navigazione e con le capacità di guerra elettronica” (…). “Lo scorso ottobre i collaudatori hanno denunciato problemi anche con il sistema di visione notturna e con la manovrabilità del velivolo e in generale una scarsa affidabilità”
“Lo sviluppo del software di bordo, il più complesso mai realizzato, sta prendendo più tempo del previsto e pone rischi tecnici sgnificativi” (…). “La variante del velivolo per le portaerei non si è dimostrata adatta all’imbarco per problemi con l’uncino di coda, richiedendo una riprogettazione” (…). “Vanno ancora fatti i collaudi sul volo a bassa quota, sul funzionamento dei sistemi d’arma e di attacco in picchiata e potrebbero riservare altre sorprese”.
Il rapporto spiega come le modifiche resesi necessarie finora per “rimediare alle deficienze emerse nel corso dei collaudi” abbiano già fatto raddoppiare dal 2001 a oggi il costo complessivo del programma (da 183 a 312 miliardi di euro) e di ogni singolo aereo (da 63 a 127 milioni di euro): ma il peggio, lascia intendere il Gao, deve ancora venire.
“Il numero di modifiche al programma rimarrà molto elevato fino al 2019 (…). Con il passaggio alla fase di sviluppo dei software più complessi e delle capacità avanzate, il Jsf presenterà problemi costosi. Con la maggior parte dei collaudi di volo ancora da fare, il programma subirà ancora molte revisioni progettuali e continue modifiche del processo produttivo (…) con prevedibile ulteriore crescita dei costi”.

One Response to La verità della Corte dei conti Usa sugli F-35

lunedì 7 maggio 2012

Gridiamoglielo in piazza!



Appello per la manifestazione del 12 Maggio.

Mai come in questo momento la Costituzione della Repubblica rischia di essere travolta a partire dall’articolo 1: "L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro".
Il valore e la natura stessa della democrazia e dei diritti del lavoro sono infatti gravemente sviliti da controriforme e manovre economiche inique, esplicitamente dettate da poteri politici e finanziari esterni al sistema istituzionale del nostro Paese.
Il Governo Monti, pur formalmente legittimato dal sostegno della maggioranza trasversale di un Parlamento ampiamente logorato nella propria rappresentanza e credibilità, a partire dalle stesse modalità elettorali che lo hanno espresso, agisce al di fuori di un mandato popolare.
L'introduzione del vincolo del pareggio di bilancio subordina l'esigibilità dei diritti sociali e alla salute, all'istruzione, alla previdenza e all'assistenza alle "superiori" ragioni del mercato.
La riforma del lavoro, con lo svuotamento dell'articolo 18 e la sostanziale liberalizzazione del lavoro precario, segna un salto di qualità nel dominio e nella ricattabilità del lavoro i cui diritti sono già in via di destrutturazione per l'attacco portato dal governo Berlusconi alla contrattazione nazionale e alla democrazia sindacale.
Queste politiche sono tanto inique socialmente, quanto recessive e fallimentari sul terreno economico, e stanno portando il paese in un baratro senza precedenti.
Opporsi a queste politiche e concorrere alla costruzione di un modello sociale ed economico alternativo è pertanto dovere di ogni cittadina e cittadino democratici: è il compito urgente che abbiamo tutti noi, in Italia ed in Europa.
Un'alternativa che contrasti effettivamente la speculazione, usata insieme al debito contratto dagli Stati per salvare speculatori ed affaristi, come una clava per distruggere i diritti sociali.
Un'alternativa volta a redistribuire la ricchezza, a fronte della crescita scandalosa delle disuguaglianze, ad aumentare salari e pensioni, istituire il reddito sociale, riqualificare ed estendere il sistema di welfare.
Un'alternativa che si fondi sulla centralità dei diritti del lavoro, riconverta le produzioni nel segno della sostenibilità ecologica, investa nella conoscenza e nella cultura, ampli la sfera dei beni comuni sottratti al mercato, riqualifichi il pubblico a partire da un nuovo modello di democrazia e partecipazione.
Un'alternativa all'insegna di politiche di pace e cooperazione contro le logiche di guerra con la drastica diminuzione delle spese militari.
Per queste ragioni, facciamo appello a scendere in piazza il 12 Maggio a Roma.

Contro il governo Monti, le politiche della BCE, della UE e il Fiscal Compact.
Per difendere la democrazia, i diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, la Costituzione, per l'Europa sociale.

sabato 5 maggio 2012

Non votare per l’ABC

di Giorgio Cremaschi

Nel pieno della crisi economica e sociale e della devastazione dei diritti e del futuro di lavoratori e disoccupati, improvvisamente compaiono le elezioni amministrative. Viste dal punto di vista della realtà sociale, esse hanno un sentore di truffa. Il Partito democratico, il centro, il partito di Berlusconi, sono stati d’accordo nel portare le pensioni a 70 anni, nel cambiare la Costituzione con la catastrofica misura del pareggio di bilancio, sugli accordi europei con Merkel e Sarkozy, sulla distruzione dell’articolo 18. Sono d’accordo sull’Imu e sulle tasse che vengono imposte sulle buste paga e sulle pensioni. Sono d’accordo su tutte le cose più importanti, eppure i principali partiti che sostengono il governo Monti fingeranno a queste elezioni di scontrarsi, litigheranno per davvero anche per conquistare, in opposizione l’uno all’altro, le amministrazioni. Non vogliamo entrare nel merito delle candidature a sindaco, queste hanno ognuna una propria storia, una propria legittimità. Discutiamo invece proprio del ruolo dei partiti di governo. Un ruolo che prefigura già, in queste elezioni quelle del 2013. Che, se non succede qualcosa, rischiano di essere le più false della storia della Repubblica.

Il governo Monti, infatti, sta impegnando già il prossimo governo e quelli successivi nella continuità dell’attuale politica economica. Lo fa con gli accordi internazionali in Europa come il fiscal compact , lo fa con le scadenze della controriforma del mercato del lavoro, con quelle della controriforma delle pensioni, con le liberalizzazioni e le privatizzazioni. E’ ridicolo pensare che questo sia un governo a termine di emergenza. Questo è un governo costituente, che sta preparando il programma anche dei governi futuri, purché ovviamente siano in continuità con esso. Questa continuità può essere rotta solo colpendo elettoralmente tutte le forze che sostengono il governo Monti, creando così un nuovo quadro politico. Un quadro politico che impedisca la continuità di quelle politiche economiche che hanno portato Grecia, Portogallo, Spagna al disastro, l’Italia lì vicino, tutta l’Europa in recessione.

Per ottenere questo cambiamento c’è da sperare che, a partire dalla Francia, ci sia una rottura con l’Europa di Monti, Merkel e Sarkozy. E che questa rottura si estenda in tutto il continente. Per questo noi oggi facciamo un appello a non votare tutti i partiti che sostengono il governo Monti. Non votiamoli alle amministrative e prepariamoci a non votarli alle politiche. Non votare e non far votare l’ABC (Alfano, Bersani, Casini) è un mondo concreto per dire no a Monti e alla sua politica disastrosa.