Dal blog di Simone Oggionni
Vittorio Arrigoni è stato ucciso, il suo corpo è stato ritrovato questa notte in  una casa abbandonata di Gaza City da un commando delle Brigate Ezzedin al-Qassam  che era entrato in azione per tentare di liberarlo.
 
Vittorio Arrigoni era un compagno, un uomo che aveva deciso di vivere  lottando, impegnandosi, rifiutando e capovolgendo l’indifferenza colpevole della  parte del mondo nella quale era nato.
 
Aveva scelto di vivere le sofferenze del popolo palestinese e l’ingiustizia  dell’occupazione israeliana. Il raccontarle e denunciare sistematicamente era la  logica conseguenza di questo amore per la verità e per la giustizia. Attraverso  i suoi diari abbiamo saputo in questi anni ciò che l’informazione dominante  tentava di nascondere. Come nel gennaio 2009, quando raccontò giorno per giorno  l’operazione «Piombo fuso», l’aggressione israeliana a Gaza che costò la vita –  secondo i dati diffusi dallo stesso esercito – a 1417 palestinesi.
 
 
Chi ha ucciso Vittorio Arrigoni è un nemico del popolo palestinese. Chi lo ha  ucciso non vuole la pace e soprattutto non vuole una pace giusta, fondata sul  diritto di Israele ad avere un proprio Stato e sul diritto del popolo  palestinese ad averne, a sua volta, uno proprio, in cui crescere senza la paura  quotidiana della segregazione e della morte.
 
Arrigoni sapeva bene che il conflitto tra Israele e Palestina non è un  conflitto simmetrico, per il semplice motivo che il popolo israeliano il suo  Stato lo ha già.
 
E sapeva bene che la convivenza si costruisce garantendo la dignità e il  riconoscimento dell’altro e dei suoi diritti, in primo luogo il diritto alla  vita.
 
Invece Vittorio è rimasto travolto dall’esatto opposto: da una spirale di  odio e di violenza, proprio come Juliano Mer Khamis, intellettuale di madre  israeliana e padre palestinese, ucciso a Jenin non più tardi di dieci giorni  fa.
 
Caro Vittorio, per dirti addio senza che le nostre parole suonino vuote o  retoriche dobbiamo fare due cose. La prima è studiare, informarci, riflettere a  fondo e indagare per capire la verità e conoscere i nomi di chi ti ha ucciso, di  chi ha armato i tuoi assassini e dell’ideologia e degli interessi in nome dei  quali lo hanno fatto.
 
La seconda è lottare per una pace giusta, per la libertà del popolo  palestinese. Ma non come abbiamo fatto fino ad ora. Con molta più forza e molta  più intransigenza, nel ricordo di uomini giusti come te.