Mentre la crisi sociale galoppa e le vacanze (quelle vere) sono tornate ad essere un lusso per ricchi, mentre vanno in picchiata produzione e consumi, e milioni di persone cominciano a rinunciare ai consumi necessari (il pane), dopo avere da tempo dismesso quelli superflui, il governo Berlusconi gode di un'immagine invidiabile - e di un consenso crescente.
Sembra un paradosso, ma lo è solo in parte - anzi, forse non lo è affatto.
In alto, una politica "normalizzata", che sbandiera i propri successi con quotidiana puntualità: la soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania, la fine della crisi dell'Alitalia, il "pugno di ferro" contro i fannulloni nel pubblico impiego - e ora anche l'accordo strategico con la Libia del colonnello Ghedafi. In basso, una società sempre più sofferente, povera, oppressa, che però non riesce ad esprimere né lotte né movimenti consistenti - e appare come bloccata, se non paralizzata, dalla sfiducia e forse perfino dalla propria disperazione.
Certo, una situazione così paradossale non dovrebbe potersi perpetuare tanto a lungo - l'autunno è del resto molto vicino, e questa immagine di "afasia sociale" potrebbe/dovrebbe cedere presto il posto a immagini ben diverse, di rivolta, di riscossa, di combattimento. E tuttavia, secondo noi, stavolta nessuno può più contare né sull'automatismo della protesta sociale, né sulla mitologia di un autunno "salvifico", destinato, come per incanto, a rovesciare una primavera-estate tremenda. Stavolta, occorrerà un surplus di riflessione e di fantasia per affrontare con una qualche credibilità ed efficacia, come si diceva una volta, "i problemi della fase".
E la fase che stiamo vivendo è nuova, cioè diversa da quelle che l'hanno preceduta nella recente "transizione italiana", proprio nel rapporto tra società e politica.
La destra ha vinto, ed ha aperto un proprio ciclo di dominio, assumendo la sfiducia di massa nella politica e nella rappresentanza come cardine e valore-principe della propria proposta - aderendo strettamente cioè alla disgregazione del senso comune (le varie istanze securitarie e razziste) e miscelandola con diversi ingredienti ideologici, anche tra loro contraddittori (populismo, neoliberismo, nazionalismo, decisionismo, autoritarismo).
Sta qui un possibile fondamento del parallelo, per tanti versi infondato e anche sbagliato, tra il berlusconismo attuale e il fascismo storico: l'antipolitica al potere, e il potere dell'antipolitica, come pactum sceleris anche elettorale e come chiave di volta di una politica che non è affatto scomparsa, ma che, come dicevamo, si è "normalizzata".
Di tale normalizzazione, la cacciata della sinistra dalle istituzioni elettive, tramite il meccanismo di voto, è il simbolo più corposo e significativo - non per caso, e questa volta senza "alibi" di sorta, si cercherà di completare l'opera alle prossime elezioni europee.
Ma di essa è parte integrante anche il drastico depotenziamento dell'opposizione politica, la sua riduzione a co-governo o a balbettio propagandistico, la sua sostanziale scomparsa: un processo in gran parte dovuto alle scelte soggettive dell'opposizione stessa, ma che affonda le sue radici nella nuova logica di sistema.
Se l'unica ratio della politica è il Governo, inteso come amministrazione e capacità di soluzione "tecnica" dei problemi, non c'è ruolo politico possibile per un'opposizione che non sia interna, almeno per una parte sostanziale, alla sfera della "governamentalità" data.
E se la politica si unifica, nei fatti, in una mono-dimensione, scarnificata dalla rappresentanza degli interessi sociali e dalla dialettica delle Weltaschaung, o dei progetti di società, la sola connessione "immaginabile", nel rapporto tra società e politica, diventa quella tra il Potere e la moltitudine degli individui o dei microgruppi - isolati, dispersi, frammentati.
Tra il potere del Governo, appunto, e i suoi "telespettatori" - vicini, vicinissimi, per pulsione identificante e per "pensieri deboli", ma ovviamente lontanissimi e impotenti, proprio come di fronte a un programma televisivo (puoi spegnere la Tv, certo, ma non il programma che intanto continua). Tra il potere del Padrone (talora un Padrone invisibile, come quello di un vecchio romanzo di Parise) e i suoi sudditi proletari dispersi, ai quali si negherà presto anche il diritto basico di un contratto di lavoro collettivo.
Si capisce allora, forse, perché il paradosso di cui dicevamo non è poi così tale.
La drammatica sconfitta della sinistra politica sta dispiegando i suoi effetti nel tempo e sta incidendo sulle categorie ontologiche, se così si può dire, del pensare comune: la pensabilità stessa del cambiamento, attraverso la politica, cioè l'azione collettiva e non l'arte individuale dell'arrangiarsi, la rivendicazione di bisogni e diritti (non concessi ma "dovuti"), l'organizzazione efficace e massiccia della stessa protesta, si indeboliscono drammaticamente.
Politica e società possono stare nel più perverso dei rapporti, come quello che oggi si va realizzando nel dominio della destra, ma non possono che stare e crescere insieme. Anche e soprattutto a sinistra.
Intanto, il Berlusconi normalizzato e normalizzatore incassa il sostegno di una parte rilevante dei poteri forti, insomma del capitalismo italiano, mentre, in parallelo, il Partito Democratico perde pezzi consistenti. La squadra di governo, a parte qualche boutade marginale della Lega, appare coesa e priva delle litigiosità intestine che caratterizzarono la XIVesima legislatura, mentre in parallelo, il Pd si sfrangia in venti correnti e mille rissosissimi feudi. Intanto, strilli di Di Pietro a parte, la "bipartisansship" di fatto procede, tra un'ombra di governo e una commissione Amato.
E noi? Noi non possiamo non avere, tra le nostre priorità, una lotta - sociale e politica, va da sé - che spezzi in un qualche nodo cruciale il consolidarsi di questo equilibrio. Di questo clima, di questi rapporti sociali ed economici, di questa consunzione della politica.
Non possiamo non sapere che siamo chiamati (si fa per dire) al ruolo, certo improbo, di "nuovi sabotatori" nonviolenti del regime in fieri. Ma questo è il tema di un altro articolo.
Sembra un paradosso, ma lo è solo in parte - anzi, forse non lo è affatto.
In alto, una politica "normalizzata", che sbandiera i propri successi con quotidiana puntualità: la soluzione dell'emergenza rifiuti in Campania, la fine della crisi dell'Alitalia, il "pugno di ferro" contro i fannulloni nel pubblico impiego - e ora anche l'accordo strategico con la Libia del colonnello Ghedafi. In basso, una società sempre più sofferente, povera, oppressa, che però non riesce ad esprimere né lotte né movimenti consistenti - e appare come bloccata, se non paralizzata, dalla sfiducia e forse perfino dalla propria disperazione.
Certo, una situazione così paradossale non dovrebbe potersi perpetuare tanto a lungo - l'autunno è del resto molto vicino, e questa immagine di "afasia sociale" potrebbe/dovrebbe cedere presto il posto a immagini ben diverse, di rivolta, di riscossa, di combattimento. E tuttavia, secondo noi, stavolta nessuno può più contare né sull'automatismo della protesta sociale, né sulla mitologia di un autunno "salvifico", destinato, come per incanto, a rovesciare una primavera-estate tremenda. Stavolta, occorrerà un surplus di riflessione e di fantasia per affrontare con una qualche credibilità ed efficacia, come si diceva una volta, "i problemi della fase".
E la fase che stiamo vivendo è nuova, cioè diversa da quelle che l'hanno preceduta nella recente "transizione italiana", proprio nel rapporto tra società e politica.
La destra ha vinto, ed ha aperto un proprio ciclo di dominio, assumendo la sfiducia di massa nella politica e nella rappresentanza come cardine e valore-principe della propria proposta - aderendo strettamente cioè alla disgregazione del senso comune (le varie istanze securitarie e razziste) e miscelandola con diversi ingredienti ideologici, anche tra loro contraddittori (populismo, neoliberismo, nazionalismo, decisionismo, autoritarismo).
Sta qui un possibile fondamento del parallelo, per tanti versi infondato e anche sbagliato, tra il berlusconismo attuale e il fascismo storico: l'antipolitica al potere, e il potere dell'antipolitica, come pactum sceleris anche elettorale e come chiave di volta di una politica che non è affatto scomparsa, ma che, come dicevamo, si è "normalizzata".
Di tale normalizzazione, la cacciata della sinistra dalle istituzioni elettive, tramite il meccanismo di voto, è il simbolo più corposo e significativo - non per caso, e questa volta senza "alibi" di sorta, si cercherà di completare l'opera alle prossime elezioni europee.
Ma di essa è parte integrante anche il drastico depotenziamento dell'opposizione politica, la sua riduzione a co-governo o a balbettio propagandistico, la sua sostanziale scomparsa: un processo in gran parte dovuto alle scelte soggettive dell'opposizione stessa, ma che affonda le sue radici nella nuova logica di sistema.
Se l'unica ratio della politica è il Governo, inteso come amministrazione e capacità di soluzione "tecnica" dei problemi, non c'è ruolo politico possibile per un'opposizione che non sia interna, almeno per una parte sostanziale, alla sfera della "governamentalità" data.
E se la politica si unifica, nei fatti, in una mono-dimensione, scarnificata dalla rappresentanza degli interessi sociali e dalla dialettica delle Weltaschaung, o dei progetti di società, la sola connessione "immaginabile", nel rapporto tra società e politica, diventa quella tra il Potere e la moltitudine degli individui o dei microgruppi - isolati, dispersi, frammentati.
Tra il potere del Governo, appunto, e i suoi "telespettatori" - vicini, vicinissimi, per pulsione identificante e per "pensieri deboli", ma ovviamente lontanissimi e impotenti, proprio come di fronte a un programma televisivo (puoi spegnere la Tv, certo, ma non il programma che intanto continua). Tra il potere del Padrone (talora un Padrone invisibile, come quello di un vecchio romanzo di Parise) e i suoi sudditi proletari dispersi, ai quali si negherà presto anche il diritto basico di un contratto di lavoro collettivo.
Si capisce allora, forse, perché il paradosso di cui dicevamo non è poi così tale.
La drammatica sconfitta della sinistra politica sta dispiegando i suoi effetti nel tempo e sta incidendo sulle categorie ontologiche, se così si può dire, del pensare comune: la pensabilità stessa del cambiamento, attraverso la politica, cioè l'azione collettiva e non l'arte individuale dell'arrangiarsi, la rivendicazione di bisogni e diritti (non concessi ma "dovuti"), l'organizzazione efficace e massiccia della stessa protesta, si indeboliscono drammaticamente.
Politica e società possono stare nel più perverso dei rapporti, come quello che oggi si va realizzando nel dominio della destra, ma non possono che stare e crescere insieme. Anche e soprattutto a sinistra.
Intanto, il Berlusconi normalizzato e normalizzatore incassa il sostegno di una parte rilevante dei poteri forti, insomma del capitalismo italiano, mentre, in parallelo, il Partito Democratico perde pezzi consistenti. La squadra di governo, a parte qualche boutade marginale della Lega, appare coesa e priva delle litigiosità intestine che caratterizzarono la XIVesima legislatura, mentre in parallelo, il Pd si sfrangia in venti correnti e mille rissosissimi feudi. Intanto, strilli di Di Pietro a parte, la "bipartisansship" di fatto procede, tra un'ombra di governo e una commissione Amato.
E noi? Noi non possiamo non avere, tra le nostre priorità, una lotta - sociale e politica, va da sé - che spezzi in un qualche nodo cruciale il consolidarsi di questo equilibrio. Di questo clima, di questi rapporti sociali ed economici, di questa consunzione della politica.
Non possiamo non sapere che siamo chiamati (si fa per dire) al ruolo, certo improbo, di "nuovi sabotatori" nonviolenti del regime in fieri. Ma questo è il tema di un altro articolo.
Rina Gagliardi - Liberazione 31 agosto 2008
13 commenti:
Lucida analisi della giornalista di Liberazione. La nota dolente è che, a quanto pare, tutto sommato anche lei non trovi rimedi a questa deriva....
Ho avuto la stessa impressione di Daniele; il non trovare rimedi a mio parere è molto grave in quanto si accetta la fine della sinistra italiana. Bisogna lavorare molto sui giovani e portarsi al pari con i tempi!!!
Cmq grande "amarezza" la mia, che avrà fine solo quando il centro-destra andrà all'opposizione...
Buona giornata ;)
Liberazione e il Manifesto ancora offrono degli spunti interessanti di riflessione che andrebbero valutati un pò meglio. Ma sono purtroppo folate di vento rispetto alla sconfitta perdurante della sinistra italiana.
a sto punto aspetto "l'altro articolo".
Avevo letto l'articolo della Gagliardi e non ho potuto che pensare al 2006: dopo 5 anni di disastri e tanta gente (compreso il sottoscritto) a fare il sabotatore della non violenza nelle piazze, nel luogo di lavoro, al bar e in ogni dove, vidi che a momenti la destra rivinceva, addirittura l'opinione pubblica italiana si "pentì" in massa (al di là dei suoi demeriti) del governo Prodi tanto che dopo 3 mesi di governo aveva già solo più il 30 % di fiducia degli italiani (se rapportato a quella che ha questo esecutivo oggi c'è di che impallidire).
Ora, tornando all'articolo di Liberazione, io, te e molti altri ci siamo, ma la stragrande maggioranza degli italiani c'é ancora?
i paradossi, per loro natura, dovrebbero aver vita breve, ma è necessario che qualcuno li indichi come tali. Aspettiamo che un bambino si accorga che il Re è nudo, e speriamo di non dover aspettare troppo.
Anch'io vorrei vedere delle reazioni, ma tutto giace inerme...
In questa campagna elettorale ho fatto di tutto: distribuire volantini fino all'una di notte, parlare di politica in qualsiasi luogo ( anche difronte la casa del presidente di confindustria visto che ahimè è mia compaesana)attaccare manifesti per mezza provincia ma non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire. La situazione è tragica: io lo avevo detto. Scusate, ma è giunto il momento di accusare i colpevoli.
Un caro saluto
Vale a dire gli italiani ignoranti. Infondo questa parola è anche costruttiva, Socrate diceva che il primo passo verso la conoscenza è essere consapevoli della propria ignoranza.
Articolo interessante e decisamente "alto".
Sulla faccenda Libia, tra l'altro, ho scritto anche l'ultimo post.
ottima analisi, gran bell'articolo.
Come ha detto però articolo21, sono folate di vento rispetto alla sconfitta perdurante della sinistra italiana.
Ciao franca
E siamo al solito piagnisteo. Che tristezza raga! A leggere certi articoli sembrerebbe che il berlusconismo o le destre siano destinate a stare al potere per sempre. Allora io da oggi voglio essere più ottimista a costo di prendermi per il culo. Il periodo buio che stiamo vivendo è dovuto ad un fatto certo: la sinistra al governo negli ultimi tempi non è stata in grado di governarci perchè troppe erano le divisioni al suo interno. Quando c’erano i comunisti nel parlamento si litigava di continuo su ogni cosa e poi alla fine si andava a votare a braccetto con la maggioranza e spessissimo con la destra. Non c’è mai stata una vera opposizione alle destre: tutti sono stati sempre d’accordo sulle missioni militari, sulle basi militari, sulla tav, sul servilismo perpetuo a mamma USA. Nessuno ha realmente voluto una commissione parlamentare d’inchiesta sui massacri del g8 2001 (tranne pochissime timide voci). Se un deputato del prc si opponeva al dictat del centro-sinistra (e quindi della destra) veniva cacciato e messo alla gogna. Insomma quella che chiamavamo opposizione della sinistra radicale a mio parare era una maschera ipocrita che prima o poi doveva essere tolta. L’unica opposizione intransigente al momento sembra essere quella dell’idv…non ci rimane che sostenerli. Loro non scendono mai a compromessi….e vaffanculo alla maggioranza!
la sinistra non ha saputo diventa moderna senza perdere l'identità, questa è l'impressione che ho da persona "esterna", non emotivamente coinvolta nel senso che non soffro per la sconfitta della sinistra, anche se la ritengo importante per il dialogo democratico. e forse sarebbe il caso di ripartire abbandonando certe convinzioni poco lusinghiere: quotando schiavi o liberi, Scusate, ma è giunto il momento di accusare i colpevoli.
...Vale a dire gli italiani ignoranti.. auspico una nuova fase della democrazia in cui ci sarà anche il rispetto per gli elettori, di qualunque parte siano.
Posta un commento