L'incarcerato sul sul blog ha fatto partire un'iniziativa alla quale non si può restare indifferenti.
Una madre chiede giustizia, ma soprattutto verità, per la morte di suo figlio avvenuta in carcere.
Il contributo che ci viene richiesto è quello di interessare Michele Santoro, mandandogli una e-mail (annozero@rai.it), affinché tratti l'argomento nella sua trasmissione.
Aderisco all'iniziativa anche se ho ritenuto di dover cambiare il testo dell'e-mail che veniva proposto.
Credo, infatti, che sia giusto che una madre lotti per sapere la verità su suo figlio, ma credo che da parte nostra sia invece doveroso chiedere che verità e giustizia sia fatta per i familiari di tutte le vittime di episodi analoghi.
Questo il testo che ho inviato:
Oggetto: Verità per Niki, per Aldo e per tutti gli altri
Egregio Santoro,
chi scrive è un comune cittadino che ha deciso di non rimanere indifferente ai continui soprusi cui spesso assiste.
Ritenendo la sua trasmissione molto valida, vorrei chiederle di valutare la possibilità di occuparsi di un fatto grave accaduto di recente.
C'è una madre sofferente che invoca giustizia per suo figlio Niki Aprile Gatti, arrestato preventivamente per una truffa telefonica effettuata da una società di San Marino per la quale lavorava.
Il ragazzo è stato trovato morto appena tre giorni dopo essere stato trasferito nel carcere di Sollicciano. La versione ufficiale è che egli si sia suicidato, ma la madre è convinta che il ragazzo sia stato ucciso.
Le chiedo, Signor Santoro, di contattare la signora Ornella Gemini, madre di Niki, tramite il suo indirizzo: mondadori.avezzano@gmail.com e, se lo riterrà opportuno, di trattare nella sua trasmissione l'argomento di questa morte così come di altre morti sospette nelle carceri italiane, quali ad esempio quella di Aldo Bianzino.
Io non so quale sia la verità, ma credo che i familiari di queste vittime abbiano il diritto di saperla.
Con stima, Franca Bassani
L'iniziativa mi da anche l'occasione per riportare un interessante articolo di Margherita De Bac pubblicato su "Il Corriere della Sera" il 10 novembre 2008 riguardante la condizione delle carceri italiane.
Carceri, il record italiano. Sani solo 2 detenuti su 10
Carceri malate. Non solo perché piene come un uovo e in gran parte strutturalmente vecchie e disumane. Ma soprattutto perché ospitano decine di migliaia di persone minacciate da un carico di patologie in certi casi doppio rispetto a quello dei liberi.
Appena il 20% circa dei detenuti sono sani. Il resto si trovano in «condizioni mediocri, 38%, scadenti, 37%, o gravi, 4%, con alto indice di co-morbosità», vale a dire più criticità e handicap in uno stesso paziente.
E' il più completo rapporto sulla sanità penitenziaria quello predisposto dalla Commissione Giustizia del Senato, su richiesta del presidente, Filippo Berselli. «Per capire la drammaticità del mondo dietro le sbarre bisogna visitarle le carceri. Io lo sto facendo. Ho scoperto realtà sorprendenti. Come nella Casa circondariale di Bolzano, oggetto di una mia interrogazione parlamentare al ministro Alfano. Dodici uomini stipati in un' unica cella. Ho domandato se ci fosse il bagno. Certo, mi hanno risposto, indicando una tendina in fondo alla stanza. L' ho scostata, nascondeva lavandino e water. Il cortile è un piccolo spazio che viene trasformato in campo di calcio durante l'ora d' aria. La porta è disegnata sul muro. Una sola. Per l'altra non c' è abbastanza spazio. E poi ci meravigliamo se la salute per questa gente sia un concetto astratto. Se le infezioni si trasmettono più rapidamente, se c' è chi va fuori di testa. Mi sorprenderebbe il contrario».
Il rapporto verrà discusso dalla Commissione Giustizia e costituirà la base di un pacchetto di proposte. I dati raccolti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria riguardano l' analisi di schede e singole indagini condotte a più riprese.
Nella premessa viene osservato che «la domanda di salute in carcere è in costante crescita. Si è passati da oltre 25.500 detenuti del 1990 ai 55.000 del giugno 2008 (tra cui 2410 donne, il 4,4%). Ma se si considera il turn over degli arrestati e dei dimessi è evidente come l' offerta dei servizi sanitari coinvolga numeri vicini al doppio di quelli citati». Per ogni «nuovo giunto» viene compilata una cartella di ammissione. Un archivio estremamente dettagliato, come non si trova neppure in ospedale. Il 21% dei detenuti sono tossicodipendenti, il 15% hanno problemi di masticazione, altrettanti soffrono di depressione e altri disturbi psichiatrici, il 13% di malattie osteo articolari, il 10% malattie del fegato, per limitarsi alle cinque patologie maggiormente diffuse. La tossicodipendenza è spesso associata a Aids, epatite C e disturbi mentali.
«Si deve osservare - sottolinea il rapporto - che le psicopatie, certe malattie infettive e quelle dell'apparato gastroenterico sono presenti con percentuali notevolmente superiori a quelle osservate in libertà».
Le persone con Hiv sono 1008, il 2,07% della popolazione carceraria complessiva. Ma l' infezione è molto più diffusa di quanto rivelino le cartelle cliniche. Solo il 30-40% dei detenuti accettano di sottoporsi al test. «E' vero, la maggior parte lo rifiutano», evidenzia il problema Giampaolo Carosi, infettivologo a Brescia, componente della Commissione nazionale Aids. Due le ragioni. Grazie alle nuove terapie, oggi la sieropositività, anche se coincide con uno stato di avanzato indebolimento del sistema immunitario, non costituisce più uno scivolo automatico verso la scarcerazione. Non solo, ma chi viene trovato positivo al virus dell' Hiv va incontro ad emarginazione, stigma da parte dei compagni. «Sono decadute le ragioni per cui il detenuto aveva interesse a far scoprire l' infezione - continua Carosi -. Credo che però il test andrebbe offerto meglio, non solo al momento dell'ingresso».
Quindici istituti di pena dispongono di propri centri per diagnosi e terapia. Si contano sulle dita di una mano gli ospedali con reparti speciali per il ricovero dei reclusi. Due, sulla carta le sale operatorie «interne», a Pisa e al Regina Coeli. Ma la struttura romana è chiusa da prima dell' estate perché ha bisogno di manutenzione.
I ritardi dell'intervento tecnico sono dovuti al passaggio di competenze. Dal 1° ottobre la medicina penitenziaria è stata trasferita dal ministero di Grazia e Giustizia alle Asl. Una rivoluzione che dovrebbe portare dei benefici ai carcerati. Riceveranno la stessa assistenza che spetta a un cittadino libero. Quindi uguali diritti soprattutto dal punto di vista della erogazione di farmaci. Prima non c' era sufficiente chiarezza su chi dovesse sostenere la spesa, se l' istituto di pena o la Asl, timorosa di vedersi negare i rimborsi da parte del ministero di Giustizia. Ambedue cercavano di risparmiare, specie se si trattava di prodotti costosi. Ed è uno dei problemi denunciati dal rapporto. La riorganizzazione richiederà tempo. I soldi stanziati per il servizio sanitario penitenziario (84 milioni nel 2008) devono essere trasferiti al Fondo sanitario nazionale. Poi, la ripartizione tra le Regioni e da qui alle Asl che hanno competenza territoriale sugli istituti.
Ma non è l' unico ostacolo: «Non sono stati definiti ancora modelli operativi adeguati all'assistenza in carcere, le Regioni non si sono attrezzate a fornire servizi medici nei penitenziari, ambigua la gestione dei contratti di lavoro e dei ruoli professionali». Un ampio capitolo del dossier è dedicato agli ospedali psichiatrici: 1173 detenuti (195 soggetti a misure di contenzione fisica) distribuiti tra le sei strutture di Castiglione, Montelupo, Napoli, Reggio Emilia, Barcellona, Aversa, nate per destinazioni diverse. Diagnosi più frequente il disturbo paranoide schizofrenico e disturbi della personalità. In generale «il numero degli ammessi è sempre superiore al numero dei dimessi. Il rapporto tra il primo e il secondo gruppo è decisamente più sfavorevole a Barcellona».
L' organico dei sanitari è ridotto all' osso. Quindici medici, 183 infermieri, 5 assistenti sociali, per la metà part time.
Pesante la denuncia della Commissione interministeriale Giustizia-Salute incaricata di fotografare la situazione e formulare proposte: «Concentrazione degli internati, commistione più varia di condizioni cliniche e percorsi giuridici, inadeguatezza numerica del personale sanitario, assenza di formazione specifica in un settore così delicato».
Una madre chiede giustizia, ma soprattutto verità, per la morte di suo figlio avvenuta in carcere.
Il contributo che ci viene richiesto è quello di interessare Michele Santoro, mandandogli una e-mail (annozero@rai.it), affinché tratti l'argomento nella sua trasmissione.
Aderisco all'iniziativa anche se ho ritenuto di dover cambiare il testo dell'e-mail che veniva proposto.
Credo, infatti, che sia giusto che una madre lotti per sapere la verità su suo figlio, ma credo che da parte nostra sia invece doveroso chiedere che verità e giustizia sia fatta per i familiari di tutte le vittime di episodi analoghi.
Questo il testo che ho inviato:
Oggetto: Verità per Niki, per Aldo e per tutti gli altri
Egregio Santoro,
chi scrive è un comune cittadino che ha deciso di non rimanere indifferente ai continui soprusi cui spesso assiste.
Ritenendo la sua trasmissione molto valida, vorrei chiederle di valutare la possibilità di occuparsi di un fatto grave accaduto di recente.
C'è una madre sofferente che invoca giustizia per suo figlio Niki Aprile Gatti, arrestato preventivamente per una truffa telefonica effettuata da una società di San Marino per la quale lavorava.
Il ragazzo è stato trovato morto appena tre giorni dopo essere stato trasferito nel carcere di Sollicciano. La versione ufficiale è che egli si sia suicidato, ma la madre è convinta che il ragazzo sia stato ucciso.
Le chiedo, Signor Santoro, di contattare la signora Ornella Gemini, madre di Niki, tramite il suo indirizzo: mondadori.avezzano@gmail.com e, se lo riterrà opportuno, di trattare nella sua trasmissione l'argomento di questa morte così come di altre morti sospette nelle carceri italiane, quali ad esempio quella di Aldo Bianzino.
Io non so quale sia la verità, ma credo che i familiari di queste vittime abbiano il diritto di saperla.
Con stima, Franca Bassani
L'iniziativa mi da anche l'occasione per riportare un interessante articolo di Margherita De Bac pubblicato su "Il Corriere della Sera" il 10 novembre 2008 riguardante la condizione delle carceri italiane.
Carceri, il record italiano. Sani solo 2 detenuti su 10
Carceri malate. Non solo perché piene come un uovo e in gran parte strutturalmente vecchie e disumane. Ma soprattutto perché ospitano decine di migliaia di persone minacciate da un carico di patologie in certi casi doppio rispetto a quello dei liberi.
Appena il 20% circa dei detenuti sono sani. Il resto si trovano in «condizioni mediocri, 38%, scadenti, 37%, o gravi, 4%, con alto indice di co-morbosità», vale a dire più criticità e handicap in uno stesso paziente.
E' il più completo rapporto sulla sanità penitenziaria quello predisposto dalla Commissione Giustizia del Senato, su richiesta del presidente, Filippo Berselli. «Per capire la drammaticità del mondo dietro le sbarre bisogna visitarle le carceri. Io lo sto facendo. Ho scoperto realtà sorprendenti. Come nella Casa circondariale di Bolzano, oggetto di una mia interrogazione parlamentare al ministro Alfano. Dodici uomini stipati in un' unica cella. Ho domandato se ci fosse il bagno. Certo, mi hanno risposto, indicando una tendina in fondo alla stanza. L' ho scostata, nascondeva lavandino e water. Il cortile è un piccolo spazio che viene trasformato in campo di calcio durante l'ora d' aria. La porta è disegnata sul muro. Una sola. Per l'altra non c' è abbastanza spazio. E poi ci meravigliamo se la salute per questa gente sia un concetto astratto. Se le infezioni si trasmettono più rapidamente, se c' è chi va fuori di testa. Mi sorprenderebbe il contrario».
Il rapporto verrà discusso dalla Commissione Giustizia e costituirà la base di un pacchetto di proposte. I dati raccolti dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria riguardano l' analisi di schede e singole indagini condotte a più riprese.
Nella premessa viene osservato che «la domanda di salute in carcere è in costante crescita. Si è passati da oltre 25.500 detenuti del 1990 ai 55.000 del giugno 2008 (tra cui 2410 donne, il 4,4%). Ma se si considera il turn over degli arrestati e dei dimessi è evidente come l' offerta dei servizi sanitari coinvolga numeri vicini al doppio di quelli citati». Per ogni «nuovo giunto» viene compilata una cartella di ammissione. Un archivio estremamente dettagliato, come non si trova neppure in ospedale. Il 21% dei detenuti sono tossicodipendenti, il 15% hanno problemi di masticazione, altrettanti soffrono di depressione e altri disturbi psichiatrici, il 13% di malattie osteo articolari, il 10% malattie del fegato, per limitarsi alle cinque patologie maggiormente diffuse. La tossicodipendenza è spesso associata a Aids, epatite C e disturbi mentali.
«Si deve osservare - sottolinea il rapporto - che le psicopatie, certe malattie infettive e quelle dell'apparato gastroenterico sono presenti con percentuali notevolmente superiori a quelle osservate in libertà».
Le persone con Hiv sono 1008, il 2,07% della popolazione carceraria complessiva. Ma l' infezione è molto più diffusa di quanto rivelino le cartelle cliniche. Solo il 30-40% dei detenuti accettano di sottoporsi al test. «E' vero, la maggior parte lo rifiutano», evidenzia il problema Giampaolo Carosi, infettivologo a Brescia, componente della Commissione nazionale Aids. Due le ragioni. Grazie alle nuove terapie, oggi la sieropositività, anche se coincide con uno stato di avanzato indebolimento del sistema immunitario, non costituisce più uno scivolo automatico verso la scarcerazione. Non solo, ma chi viene trovato positivo al virus dell' Hiv va incontro ad emarginazione, stigma da parte dei compagni. «Sono decadute le ragioni per cui il detenuto aveva interesse a far scoprire l' infezione - continua Carosi -. Credo che però il test andrebbe offerto meglio, non solo al momento dell'ingresso».
Quindici istituti di pena dispongono di propri centri per diagnosi e terapia. Si contano sulle dita di una mano gli ospedali con reparti speciali per il ricovero dei reclusi. Due, sulla carta le sale operatorie «interne», a Pisa e al Regina Coeli. Ma la struttura romana è chiusa da prima dell' estate perché ha bisogno di manutenzione.
I ritardi dell'intervento tecnico sono dovuti al passaggio di competenze. Dal 1° ottobre la medicina penitenziaria è stata trasferita dal ministero di Grazia e Giustizia alle Asl. Una rivoluzione che dovrebbe portare dei benefici ai carcerati. Riceveranno la stessa assistenza che spetta a un cittadino libero. Quindi uguali diritti soprattutto dal punto di vista della erogazione di farmaci. Prima non c' era sufficiente chiarezza su chi dovesse sostenere la spesa, se l' istituto di pena o la Asl, timorosa di vedersi negare i rimborsi da parte del ministero di Giustizia. Ambedue cercavano di risparmiare, specie se si trattava di prodotti costosi. Ed è uno dei problemi denunciati dal rapporto. La riorganizzazione richiederà tempo. I soldi stanziati per il servizio sanitario penitenziario (84 milioni nel 2008) devono essere trasferiti al Fondo sanitario nazionale. Poi, la ripartizione tra le Regioni e da qui alle Asl che hanno competenza territoriale sugli istituti.
Ma non è l' unico ostacolo: «Non sono stati definiti ancora modelli operativi adeguati all'assistenza in carcere, le Regioni non si sono attrezzate a fornire servizi medici nei penitenziari, ambigua la gestione dei contratti di lavoro e dei ruoli professionali». Un ampio capitolo del dossier è dedicato agli ospedali psichiatrici: 1173 detenuti (195 soggetti a misure di contenzione fisica) distribuiti tra le sei strutture di Castiglione, Montelupo, Napoli, Reggio Emilia, Barcellona, Aversa, nate per destinazioni diverse. Diagnosi più frequente il disturbo paranoide schizofrenico e disturbi della personalità. In generale «il numero degli ammessi è sempre superiore al numero dei dimessi. Il rapporto tra il primo e il secondo gruppo è decisamente più sfavorevole a Barcellona».
L' organico dei sanitari è ridotto all' osso. Quindici medici, 183 infermieri, 5 assistenti sociali, per la metà part time.
Pesante la denuncia della Commissione interministeriale Giustizia-Salute incaricata di fotografare la situazione e formulare proposte: «Concentrazione degli internati, commistione più varia di condizioni cliniche e percorsi giuridici, inadeguatezza numerica del personale sanitario, assenza di formazione specifica in un settore così delicato».
15 commenti:
Come al solito sono stato precipitoso, pensavo che la lettera fosse troppo generalizzata e invece è ottima. Ti ringrazio per questo.
Come ben sai, ho al cuore il problema delle carceri e l'articolo che hai riportato è perfetto.
E allora scusa se concludo con una frase di Beccaria : "Non vi è libertà ogni qual volta le leggi permettano che, in alcuni eventi, l'uomo cessi
di essere persona e diventi cosa".
La cosa che non riuscirò mai a sopportare è il senso comune con cui gran parte della popolazione percepisce la pena, la detenzione. Sembrano frasi e luoghi comuni del passato, invece non si finisce mai di ascoltare prese di posizione come "In carcere mangiano, dormono e tutto a spese nostre. A pane e acqua!".
Chi vive la propria vita con lo stomaco pieno e il diritto di muoversi in piena libertà credo che arriverà sempre con molta difficoltà a capire cosa vuol dire essere privati sistematicamente, giorno dopo giorno, della propria libertà.
E' sicuro che in mancanza di sistemi migliori, la detenzione resta un sistema di pena inevitabile. Ma se si lascia che il carcere diventi solo una sorta di vendetta sociale nei confronti di chi può aver commesso un reato, senza pensare alla tutela della basilare dignità umana, così come alla "rieducazione" (termine di per sé terribile ma di immediata comprensione) del condannato, non si sta creando un sistema duro verso i criminali. Si sta creando un sistema basato sul crimine.
La situazione nelle carceri è impossibile. Diventano luoghi per "nascondere" o dove "punire". Tutti elementi della destra.
Le carceri non hanno quel fine che è insito nella Costituzione, vale a dire in primo luogo rieducativo.
Come ci si può rieducare in luoghi come quelli?
Mi fa piacere, vedo che questa iniziativa sta prendendo molto piede, ne sono venuta a conoscenza dal Rockpoeta ;)
Hai messo a fuoco un problema davvero drammatico. Giulia
La situazione carceraria italiana è assurda, un piccolo palliativo è stato l'indulto (ora stra-demonizzato) di due anni e mezzo fa, ora siamo di nuovo all'emergenza.
Ecco un'altro terribile problema italiano che i media ricoprono con veline e calciatori per non affrontare, e non mi pare che della storia indulto si sia fatta poi grande esperienza. Per quanto riguarda la vicenda di Niki anche io, dopo aver visto il video testimonianza della madre, non posso che convincermi che qualcosa di nascosto dietro a quel "presunto suicidio" c'é.
già fatto
Ok va bene. E grazie davvero Franca.
E dire che il carcere dovrebbe riabilitare....
problema annoso, che con la crisi si aggraverà
Cara Franca, Caro incarcerato, è questo un argomento serio e delicato sul quale spesso si fa confusione e del quale purtroppo si hanno fonti discordanti. In 9 anni nelle carceri italiane sono morti più di 1.300 detenuti, di cui oltre 1/3 per suicidio, questo secondo 'Ristretti orizzonti', sito e periodico dei detenuti della Casa di Reclusione di Padova e dall'Istituto di Pena Femminile della Giudecca, che è anche un centro di documentazione sostenuto da vari enti locali.
http://www.ristretti.it/index.htm
Ma i dati ci dicono che anche fra agenti penitenziari c'è una alta percentuale di suicidi, sintomo di un male gravissimo.
Il governo ha annunciato grandi opere, ma ci sono carceri nuovi incompiuti ee abbandonati, e leggi che mandano in galera i più deboli della società lasciando impuniti bancarottieri ed evasori fiscali.
Le carceri scoppiano, ma sembra un problema procrastinabile alle generazioni ed ai governi futuri, daltronde la colpa è di chi ci va in carcere, no!?
Qui: http://ducciop.blog.kataweb.it/2008/01/31/conta-detenuti/
la situazione suicidi a gennaio 2008, a breve il nuovo dossier.
;-) duccio
Altri numeri, altre conte:
Popolazione carceraria al 31 luglio 2008
60.710: numero massimo di detenuti prima dell’indulto
55.250: detenuti totali oggi
800: crescita mensile di detenuti
43.000: numero di posti regolari nelle carceri
12.000: extracomunitari che entrano in carcere ogni anno per la legge Bossi-Fini
20.175: detenuti stranieri (38% sul totale) - dato di giugno 2008
2.914: detenuti extracomunitari condannati per la legge Bossi-Fini - dato di giugno 2008
13.184: detenuti stranieri in attesa di giudizio
6.991: detenuti stranieri con pena definitiva (34%)
6.718: detenuti in attesa del primo processo
4.696: detenuti stranieri in attesa dell’appello
9.000: stranieri imputati entrati in carcere da gennaio a giugno 2008
85%: stranieri rimasti in carcere meno di 7 giorni
208: stranieri ancora detenuti al 5 giugno 2008
6.075: stranieri processati per direttissima nel 2007
13,7%: stranieri processati per direttissima nel 2007 rimasti in carcere più di 30 giorni
4.500: detenuti che potrebbero essere espulsi con la Bossi-Fini
282: detenuti stranieri scarcerati ed espulsi nel 2002
158: detenuti stranieri scarcerati ed espulsi nel 2008
123: i paesi di provenienza dei detenuti stranieri con pene definitive
Fonte: Dipartimento Amministrazione Penitenziaria . Il Corriere della Sera - 20 agosto 2008
AGGIORNAMENTO del 27 agosto:
70: minori di 3 anni nelle carceri
68: madri detenute con figli in carcere
23: donne in gravidanza detenute
18: carceri con asili nido
Fonte La Repubblica
AGGIORNAMENTO del 27 agosto:
9: agenti penitenziari suicidati nel 2008 (gennaio-luglio)
5: agenti penitenziari suicidati sia nel 2007 che nel 2006
2: agenti di polizia donne suicidate nel 2008
1: tentato suicidio di un agente donna nel 2008
4: agenti di polizia donne suicidate tra il 1995 e il 2007
132: totale suicidi agenti polizia tra il 1995 e il 2007
Fonte: Il Secolo XIX
AGGIORNAMENTO del 27 agosto:
27.472: detenuti beneficiari dell’indulto fuori dalle carceri
36%: detentuti beneficiari dell’indulto tornati in carcere
205: carceri italiane
60%: tasso di recidiva tra i detenuti che hanno scontato tutta la pena
Fonte La Repubblica
Non conoscevo questa vicenda, l'ho scoperta ed è allucinante!?
Ovviamanente ho aderito e promosso la cosa anche su FB come altri blogger e questa sinergia penso sia l'unica cosa positiva di questa vicenda.
Ora non resta che sperare che come per Federico Aldrovandi, dai e dai, la si faccia uscire la verità!
mi chiedo come sia possibile che una persona condannata alla privazione della liberta, oltre a questo debba subire anche tutto il resto, privazione dei rapporti con la propria famiglia (le visite non sono nulla a confronto di una convivenza normale, i rapporti si rovinano!) privazione del sesso (poco importante ma pur sempre fa parte della vita normale di tutti) e poi come se non bastasse privazione della SALUTE, forse la cosa piu preziosa di ogni essere umano.... E uno schifo e mi vergogno veramente di essere italiana quando leggo certe cose, mio marito ora ha 60 anni, ha qualche acciacco ma niente di che, causa vecchie condanne per reati commessi quando era piu giovane ora dovra farsi minimo un anno, forse anche 2 (dipendera dalla concessione di eventuali misure alternative..) per uscire cosi poi anche malato ed essersi rovinato la vita oltre che rovinare la mia! A questo non ci pensa nessuno.....
Non ho parole e non dico altro, spero che qualcuno consideri almeno l-idea di concedere piu facilmente le misure alternative per le persone meno pericolose o piu anziane onde evitare che la pena diventi quasi una pena di morte o quantomeno di sofferenza triplicata o quadruplicata perche se una persona entra sana e ne esce malata la pena e veramente spropositata!
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