Saliha, nel suo vestitino colorato, scorrazza per i corridoi dell'ospedale, fermandosi solo quando incontra qualcuno e allora corre a nascondersi, soprattutto se quel qualcuno è un membro dello staff internazionale.
Mi racconta un'infermiera che Sahila, quattro anni, viene da Musa Oala, uno dei molti villaggi bombardati dall'aviazione alleata che ufficialmente combatte contro i taliban.
Durante uno di questi raid, Sahila ha perso la madre e due fratelli; il padre è in carcere sospettato di affiliazione con i taliban.
E' arrivata all'ospedale tre mesi fa con ustioni di secondo grado sulla gamba e il braccio destri e ustioni meno gravi in altre parti del corpo, che richiedevano un trattamento molto doloroso: le zone ustionate erano sottoposte a lavaggi profondi per rimuovere i tessuti necrotici in modo da favorire la fase di granulazione dei tessuti sottostanti e poi venivano medicate.
Oltre a quelle che le laceravano la pelle, Sahila aveva riportato altre ferite, altrettanto evidenti: stava tutto il giorno rintanata nel suo letto in un isolamento pervicace e silenzioso che nessuno riusciva a penetrare.
A poco a poco, ha iniziato a concedere la sua fiducia ad alcune infermiere afgane che hanno fatto da "mediatrici" tra lei e un mondo completamente estraneo ai suoi occhi, così lontano dal suo villaggio e da quel che restava della sua famiglia.
Sahila ha cominciato a mangiare e a girare curiosa per l'ospedale, anche se ancora sfuggiva ai medici che dovevano visitarla, soprattutto quando si avvicinava il momento delle medicazioni.
Qualche volta abbiamo dovuto recuperarla in farmacia, dove cercava rifugio dietro ai pantaloni del nostro farmacista.
Dopo tre mesi di ricovero oggi Sahila viene dimessa dall'ospedale.
Uno dei parenti è venuto a prenderla e ora Sahila tornerà al suo villaggio distrutto, lasciando il posto dove aveva appena iniziato a trovare un po' di pace. E dove aveva da subito conquistato l'affetto di tutto lo staff.
Vedendola andare via, tutti abbiamo avuto difficoltà a pensare a lei come ad un "effetto collaterale doloroso, ma inevitabile" della guerra in questo paese.
MS
Mi racconta un'infermiera che Sahila, quattro anni, viene da Musa Oala, uno dei molti villaggi bombardati dall'aviazione alleata che ufficialmente combatte contro i taliban.
Durante uno di questi raid, Sahila ha perso la madre e due fratelli; il padre è in carcere sospettato di affiliazione con i taliban.
E' arrivata all'ospedale tre mesi fa con ustioni di secondo grado sulla gamba e il braccio destri e ustioni meno gravi in altre parti del corpo, che richiedevano un trattamento molto doloroso: le zone ustionate erano sottoposte a lavaggi profondi per rimuovere i tessuti necrotici in modo da favorire la fase di granulazione dei tessuti sottostanti e poi venivano medicate.
Oltre a quelle che le laceravano la pelle, Sahila aveva riportato altre ferite, altrettanto evidenti: stava tutto il giorno rintanata nel suo letto in un isolamento pervicace e silenzioso che nessuno riusciva a penetrare.
A poco a poco, ha iniziato a concedere la sua fiducia ad alcune infermiere afgane che hanno fatto da "mediatrici" tra lei e un mondo completamente estraneo ai suoi occhi, così lontano dal suo villaggio e da quel che restava della sua famiglia.
Sahila ha cominciato a mangiare e a girare curiosa per l'ospedale, anche se ancora sfuggiva ai medici che dovevano visitarla, soprattutto quando si avvicinava il momento delle medicazioni.
Qualche volta abbiamo dovuto recuperarla in farmacia, dove cercava rifugio dietro ai pantaloni del nostro farmacista.
Dopo tre mesi di ricovero oggi Sahila viene dimessa dall'ospedale.
Uno dei parenti è venuto a prenderla e ora Sahila tornerà al suo villaggio distrutto, lasciando il posto dove aveva appena iniziato a trovare un po' di pace. E dove aveva da subito conquistato l'affetto di tutto lo staff.
Vedendola andare via, tutti abbiamo avuto difficoltà a pensare a lei come ad un "effetto collaterale doloroso, ma inevitabile" della guerra in questo paese.
MS
18 commenti:
In bocca al lupo a tutte le piccole Saliha...
Quanti effetti collaterali ancora?
guerre umanitarie, fuochi amici, effetti collaterali...
la lingua non tiene dietro alla ipocrisia dei politici guerrafondai
marina
Poveri bambini.
Che infanzia strappata>!
l'innocenza dura sempre di meno in certi posti del mondo...
proprio vero ...
come si fa a definirli inevitabili effetti collaterali
Concordo con Pietro, purtroppo.
Non parlare più dei bambini, sennò ti tacciono di strumentalizzazione e amica di Hamas!
Che rabbia cara Franca, che rabbia...
Non dimostrano nessuna pietà... sono mostri.
Di "effetti collaterali" sono piene le storie che arrivano da Gaza, la rabbia ha fatto oramai posto nel mio cuore allo scoramento: che resta nella pubblica opinione mondiale di tutto ciò che é accaduto in quelle martoriate terre nell'ultimo mese?
Ciao Franca, trovo oggi un po' il tempo di commentare i blog amici e mi spiace dovere leggere dell'ennesimo orrore della guerra, orrore ancora più grave perché subito dai bambini. Mi piace però pensare che gli angeli che si occupano della bambina, riusciranno almeno ad alleggerire le sue ferite, anche le ferite dell'animo...
Una guerra di effetti collaterali... Terribile. Giulia
La parola "effetto collaterale" ha da essere eliminata.
Penso che Emergency non debba mai smettere di esistere come Gino Strada aveva minacciato non molto tempo fa in merito al “rapimento” del suo collaboratore da parte del governo afgano. Mai gettare la spugna....
'effetti collaterali', 'peace keeping', 'interventi mirati', 'bombe intelligenti'... solo volgari eufemismi per non dire guerra e schifo totale!
Luciano Bubbola
"Effetti collaterali" è la definizione più ipocrita che conosco
Morti e mutilazioni sono "effetti collaterali". Non so...quando sento queste cose, ho l'impressione che per l'umanità non vi sia alcuna speranza, e che niente mai cambierà.
Noi esseri umani siamo bestie.
ennesimo aggettivo ....EFFETTO COLLATERALE....non puo, non deve esistere,non si possono dare appelativi agl'ANGELI!!!!
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