lunedì 2 luglio 2012

Più il proporzionale è puro, più la democrazia è reale


Se i padri costituenti (gente che di cognome faceva Togliatti, Nenni, Calamandrei, Parri, De Gasperi, Einaudi) optarono per un sistema proporzionale puro un motivo ci sarà stato. Il concetto era semplice: una testa, un voto. E in proporzione la rappresentanza parlamentare. Più il proporzionale è puro, e più la democrazia è reale. Si era appena usciti dal fascismo e parlare di «democrazia» era una cosa seria.
Di un De Gasperi – seppur democristiano – c’era da fidarsi: viveva una missione, non era in missione per conto di. Da un Alfano, sinceramente, non accetterei nemmeno un passaggio in macchina.
Presi dalla solita ansia modernizzatrice – che di solito si traduce in cambiare per peggiorare – abbiamo (anzi, hanno) modificato la legge elettorale nel ‘94, poi nel 2006 e ora ci risiamo. Con una nuova legge che riesce a sintetizzare tutte le peggiori connotazioni della Prima e della Seconda Repubblica.
Nel frattempo, in questi anni che grazie alle prodigiose sorti neo-maggioritarie e porcileggianti ci dovevano garantire governi forti, e governi forti che ci dovevano garantire riforme, e riforme che ci dovevano garantire benessere diffuso, abbiamo avuto: governi traballanti oppure ostaggi di sé stessi, pessime riforme tirate via, malessere diffuso.
C’è un’intera classe dirigente che ha pensato e pensa di far politica grazie alle alchimie elettoralistiche, suprema sintesi del dalemismo più spinto, a sua volta originato dal migliorismo di maniera: quello dei tecnicismi, dell’ingegneria istituzionale, strategie e giuristi al lavoro ma non si capisce mai per fare cosa e in nome di quale idea di società.
Il sottoscritto, e con me quasi tre milioni di italiani (un milione e centomila di voti per la Sinistra Arcobaleno; ottocentottantamila voti alla Destra; trecentocinquantamila voti socialisti; quasi quattrocentomila tra Sinistra Critica e comunisti di Ferrando, e mi fermo qui), da circa quattro anni non è (e non siamo) rappresentati in Parlamento. E c’è il rischio di non esserlo anche da dopo il 2013. I nostri voti valgono meno? Le nostre teste non hanno diritto d’asilo? È questa una democrazia reale e compiuta?

Matteo Pucciarelli

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