Dietro al concetto politicamente corretto del “rispetto dell’avversario” che tanto va di moda, e che parifica idee diverse tra loro come egualmente legittime, si nasconde la grande bugia – resa verità a buon mercato – di questi ultimi venti-trenta anni di sdoganamento storico e morale del neofascismo italiano.
Il disegno insito nella più grande ideologia moderna – spacciata come dottrina anti-ideologica per eccellenza – è quello degli opposti estremismi. Utile e finalizzato a mettere sullo stesso piano partigiani e ragazzi di Salò. Studenti del liceo di “estrema sinistra” e di “estrema destra”. La curva con la bandiera del Che Guevara e quella con gli slogan nazisti. I libri neri sul comunismo e quelli sul nazifascismo. Le foibe da una parte, i rastrellamenti a Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema e tutto il resto dall’altra. Tutti colpevoli, e allora tutti uguali. E quindi, se i ”rossi” possono parlare perché non posso farlo anche i “neri”?
Di un fraintendimento del genere è rimasta vittima anche la sinistra. Il primo a legittimare il Msi fu, non a caso, un socialista: Bettino Craxi. Oggi ci si accontenta dei Piero Sansonetti, dei Giampaolo Pansa, dei Luciano Violante, dei grillini che citano Pertini a sproposito: perché la tolleranza – secondo loro – va applicata sempre e a tutti, anche verso chi dell’intolleranza fa il proprio credo.
Invece – vaglielo a spiegare – i nostri padri costituenti ci avevano spiegato già tutto, ben prima che questi novelli guru si erigessero a paladini delle libertà (di far danno). Se avessero vinto i ragazzi di Salò, quelli come Togliatti, Nenni e De Gasperi sarebbero stati confinati a Lipari, a voler essere buoni. Vinse la democrazia, e gli Almirante, i Romualdi e i Michelini poterono accomodarsi tranquillamente in parlamento. Ecco qual è stata la differenza, la riprova di chi allora stava nel giusto e chi nel torto.
La Resistenza non è stato un pranzo di gala. È stata sangue, violenza e sacrificio. Sangue di innocenti contro sangue di colpevoli. Il buonismo da salotto di settanta anni dopo è partigiano. Partigiano dalla parte sbagliata. Chi crede ancora in quei valori non fa paragoni né celebra riti di equidistanza. Le cose vanno dette per quel che sono, senza derubricarle a folklore: chi non festeggia il 25 aprile, oggi come allora, è un nemico della democrazia.
Matteo Pucciarelli
Il nostro 25 aprile a Monte Sole (Marzabotto)
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